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Italiane all'estero: Ilaria Ida Chiaratti

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Bentornati al secondo appuntamento con la rubrica italiane all'estero. Ogni venerdì per dieci appuntamenti, vi farò conoscere una blogger, una creativa, una professionista che ha salutato l'Italia per trasferirsi all'estero. Una donna coraggiosa che ha deciso di ricominciare altrove perché fuori dal nostro Paese le opportunità sono tante, sono diverse e soprattutto essere artisti fuori dall'Italia non significa coltivare un hobby. Quelli che qua vengono definiti "lavoretti", oltre il confine sono semplicemente lavori, lavori come altri. 

Lo scorso venerdì vi ho fatto conoscere Chiara Cecilia Santamaria autrice del blog Ma che davvero, oggi voglio presentarvi Ilaria Chiaratti autrice del blog IDA interior lifestyle. Ilaria è una fotografa di interni, stylist, appassionata di stile nordico e una cara amica. Apre il suo blog nel 2010 per condividere le sue ispirazioni per gli interni in stile nordico e i suoi lavori all'uncinetto. La sua missione è aiutare le donne a scoprire come migliorare la propria casa con creatività e personalità (date un'occhiata ai suoi DIY, bellissimi). Nello stesso anno inizia anche la sua attività di fotografa di interni che la porta a pubblicare su prestigiose riviste italiane e straniere. 

Due anni più tardi si aggiunge al suo curriculum una laurea italiana in lettere e filosofia (indirizzo DAMS), il diploma olandese di interior stylist e lancia ufficialmente la sua attività, IDA interiors lifestyle. Dal 2014 si occupa di styling e product photography per piccoli brand creativi di artigianato di alta qualità oltre che creare adverising concepts per marchi del settore decor. Ha lavorato con Bloomingville, Design Letters, Ferm Living, Made in design, Normann Copenhagen e tantissimi altri brand importanti. Pronti per l'intervista? Mettetevi comodi.

In quale città del Pianeta hai deciso di trasferirti? Per quale motivo hai scelto proprio quel posto?
Vivo a Eindhoven, una città nel sud dell'Olanda ormai da quasi sette anni. Non è stata una scelta completamente personale, ho seguito mio marito che si è trasferito qui undici anni fa per il suo PhD.

Come ti sei preparata psicologicamente al trasferimento?
Ero entusiasta di partire, soprattutto perché è avvenuto dopo tre anni di "amore pendolare". Mio marito infatti era già qui ed io l'ho raggiunto dopo la fine del mio percorso di laurea in storia dell'arte.

Ci racconti i tuoi primi giorni a Eindhoven?
Mi sono trasferita a luglio, il mese migliore meteorologicamente parlando. I primi tempi sono stati per lo più dedicati alla scoperta della città. Con la bicicletta andavo in giro per scoprire posti e paesaggi nuovi. È stato un grande cambiamento rispetto alla vita frenetica a cui ero abituata. In generale i primi mesi sono stati più simili ad una vacanza!

Burocraticamente parlando l'Olanda la trovi molto diversa dall'Italia?
C'è molta burocrazia anche equi, ma funziona tutto molto bene, non esistono "scorciatoie". Io sono stata fortunata perché mio marito già abitava qui da qualche anno e mi ha aiutata con tutte le procedure necessarie alla registrazione e alle pratiche per l'assicurazione sanitaria (che a differenza dell'Italia non è pubblica ma provata).

Che tipo di rapporto hanno gli olandesi con il lavoro?
Gli olandesi hanno un rapporto secondo me molto rilassato con il lavoro, ma che sicuramente è anche molto sano. Si inizia verso le otto e non si fa pausa pranzo vera e propria, giusto 10-15 minuti di break. Ma alle 17-17.30 si torna a casa per godersi la famiglia o avere del tempo libero per sé. Ovviamente non per tutti è così, ma diciamo che questo rispecchia lo standard generale. 

Pensi che un lavoro creativo sia concepito alla stessa maniera in Olanda che in Italia?
Assolutamente no e lo dico con rammarico. Se qui dici "faccio il musicista" oppure "sono un artista", la domanda seguente non è "ma di lavoro vero e proprio cosa fai?" come succederebbe in Italia. Le professioni artistiche sono riconosciute e sostenute anche a livello governativo. I ragazzi sono sostenuti negli anni dello studio, escono di casa molto presto (di solito appena finite le scuole superiori) e formano famiglie molto giovani. Questo fa sì che la società sia molto vivace e ricca di opportunità.

Ci racconti la tua esperienza lavorativa a Eindhoven?
Dopo che mi sono trasferita a Eindhoven ho seguito per due anni un corso come Interior Stylist che mi ha dato un titolo di studio equivalente ad una laurea breve. Ho aperto la mia partita IVA e soprattutto, attraverso il blog, ho iniziato a lavorare come freelance. All'epoca avevo già una collaborazione avviata con la rivista italiana CasaFacile, poi ho ampliato il mio lavoro con le consulenze di interior, aperto uno shop di filati online e adesso mi concentro sullo sviluppo di concept per brand di lifestyle e fotografia per piccoli marchi emergenti. 

Qual è stato il momento più bello che hai vissuto in quel Paese?
Ce ne sono stati moltissimi, ognuno importante in modo diverso. L'acquisto della nostra casa, la nascita del nostro primo figlio (il secondo è in arrivo), il primo Natale con tutti i parenti riuniti qui con noi per festeggiare… davvero non saprei decidere. Ogni volta che qualche amico dall'Italia ci viene a trovare, per noi sono momenti di gioia indescrivibile.

E professionalmente parlando qual è stato il lavoro più gratificante e speciale? 
Ho curato personalmente i lavori di sistemazione della nostra casa, il vederla pubblicata su CasaFacile in primis e poi su riviste internazionali (in Francia, in Germania e in Olanda) mi ha riempito di emozione e di orgoglio. Ma in genere ogni volta che il mio lavoro viene riconosciuto, che siano servizi fotografici o collaborazioni con brand importanti, mi rendo conto che quello che sto facendo lo sto realizzando con le mie forse e con il mio impegno e questo mi spinge a fare ancora meglio!

Hai un bimbo piccolo e un altro in arrivo, com'è per una famiglia vivere in Olanda? Il tuo Paese in che modo aiuta le famiglie? 
Non abbiamo un metodo di paragone con l'Italia visto che la nostra famiglia si è praticamente "creata" dopo che ci siamo trasferiti qui. Ti posso dire che da parte del governo le famiglie numerose (con almeno tre figli) hanno diversi privilegi e aiuti in più. Nel nostro caso abbiamo il 50% di ritorno di tasse per le spese dell'asilo, che sono molto alte visto che gli asili sono provati. Riceviamo inoltre un bonus trimestrale per Enea che protrarrà fino al compimento dei diciotto anni d'età. L'assistenza sanitaria è a pagamento (anche se per casi specifici il governo prevede delle esenzioni) ed è basata sul reddito e in base alla compagnia assicurativa. In generale il costo della vita è piuttosto alto, ma anche gli stipendi sono in media più alti di quelli italiani. 

Com'è strutturato il sistema scolastico inglese?
Stiamo iniziando in questo periodo ad informarci sulle scuole per Enea che al momento ha due anni, ma che comincerà quando di anni n compirà quattro (le liste d'attesa sono molto lunghe, quindi bisogna muoversi per tempo). In generale nelle visite fatte finora, le scuole ci sono sembrate molto ben organizzate e di alto livello. La prima scuola primaria dura dai 4 ai 12 anni,. Successivamente si prosegue con quella secondaria superiore per bambini che vanno dai 12 ai 18 anni e così via fino alle specializzazioni professionali o alle università. Nelle scuole che abbiamo visitato ci ha colpito il metodo utilizzato (oltre che all'estrema educazione dei bambini), che prevede l'utilizzo di computer, lavagne interattive e tablet (uno per ciascun studente). Questo nelle classi più avanzate, mentre per i primi anni ovviamente si utilizza in metodo improntato sul gioco per imparare a leggere e a scrivere.

Se ti chiedessi di descrivere con tre parole positive e tre parole negative (se ce ne sono ovviamente) la tua vita in Olanda, quali sceglieresti?
Sono una persona molto ottimista quindi ho solo quelle positive che sono: creatività, serenità e passione. Di negativo solo una cosa: mi manca il mare dell'Italia.

Rileggermi le interviste della rubrica italiane all'estero assieme a voi, mi fa venire voglia di buttare "due cose" in valigia e prendere di corsa un aereo. Meta? Una possibile futura casa, un nuovo Paese da scoprire, un futuro migliore per le mie bimbe. A volte mi chiedo, se restassimo qui in Italia e le mie bimbe volessero fare un lavoro creativo come credo vogliano fare (Bea dice di voler diventare fotografa di National Geographic, Mathi ancora non sa), cosa potrebbe offrirgli l'Italia? Me lo chiedo in primis da mamma e poi da cittadina italiana, cosa può dare un Paese come il nostro? È bello leggere queste storie di vita, storie di chi ha avuto il coraggio di allontanarsi dalla propria casa, ma soprattutto storie di chi non ha avuto paura del cambiamento. Il cambiamento non va temuto, nel momento stesso in cui lo si accetta siamo già pronti per affrontarlo. Un grazie speciale a Ilaria per l'intervista, ci vediamo venerdì prossimo con un nuovo appuntamento con italiane all'estero. Buon weekend a tutti.



Restyling di una cucina

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Buongiorno a tutti, in questo periodo sono un po' assente dal web perché sono impegnata in un restyling a casa di una cliente. Un restyling che vede la cucina totalmente trasformata. Si tratta di un ambiente già modificato in quanto due anni fa sono intervenuta con una consulenza generale che ha coinvolto soprattutto la camera da letto padronale a la zona giorno. La cucina aveva un bancone a penisola e la cliente se ne voleva disfare. Il nuovo bancone in legno è stato uno dei primi pezzi che ho inserito in quell'ambiente ed è ancora uno dei pezzi più amati (e vissuti) della casa.

La casa è in realtà un meraviglioso appartamento vista mare. Ora vi do un piccolo esercizio di immaginazione, facciamo questo gioco insieme. Prendete quattro pareti che insieme formano una stanza, in questo caso una zona giorno totalmente aperta. Fatto? Ora eliminate una parete intera e al suo posto mettete una finestra enorme (enorme è a dir poco). Fatto? Come ultima cosa aggiungete un panorama da sogno su cui affaccia questa meravigliosa finestra, in questo caso vi do un aiutino io, aggiungete il mare. Ecco è l'appartamento in cui ahimè ;) mi tocca lavorare in questi giorni! 

In questa prima "tranche" mi sto dedicando alla cucina. La cliente era stufa del wengè e aveva voglia di schiarire. Siccome lavoro in squadra assieme a mio marito, lui si sta dedicando alle pareti (sono di un grigino-tortora appena accennato) e sta imbiancando lo studio, la cucina e il salotto. Io ho carteggiato tutte le ante e le mensole della cucina, dato una mano di aggrappante e oggi comincerò a pitturarla. Cambierò anche le maniglie e non vedo l'ora di vederla finita. Nelle prossime settimane il nostro lavoro proseguirà: Gigi andrà avanti con l'imbiancatura delle pareti mentre io ho da terminare la struttura in wengè che gira attorno alla cucina trasformandosi in libreria e scaffalatura nell'entrata. Non preoccupatevi che vi farò vedere tante foto, questa volta mi sono ricordata di fotografare "il prima"e non vedo l'ora di mostrarvi "il dopo"!

Photo by Sarah Tognetti

Italiane all'estero: Claudia Porta

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Buon venerdì a tutti e ben(ri)trovati al terzo appuntamento della rubrica italiane all'estero. Mai come quest'ultimo anno ho voglia di viaggiare, ne sento proprio l'esigenza, si può dire? Se da giovane pensavo al viaggio come a un divertimento, oggi lo intendo non solo come valvola di sfogo ma soprattutto come "esercizio" per ampliare la mente e allargare gli orizzonti. Figuriamoci se poi il viaggio diventa un trasferimento, definitivo o temporaneo. Questo sì che sarebbe come la ciliegina sulla torta. Una torta a cui aspiro da qualche tempo, ma chissà non si può mai sapere cosa ci riserverà la vita e a me piace pensare che dietro l'angolo ci sia sempre qualche occasione ad attenderci.

Oggi voglio presentarvi la terza blogger super creativa che è riuscita a fare della sua passione un lavoro, tutto questo facendolo in un altro Paese e con tre figli. Di chi parlo? Di Claudia Porta di La casa nella prateria. Ho conosciuto Claudia (virtualmente) poco dopo aver aperto il mio blog e penso fosse giusto uno dei primi blog che cominciavo a seguire. In quel periodo Claudia era molto concentrata sulla crescita dei sui figli e mi piaceva molto il suo modo di vivere la famiglia e il crescere i propri bimbi senza troppe ansie e a contatto con la natura.

Rudolf Steiner, filosofo e pedagogista austrico me lo fece conoscere proprio lei e grazie prima ai suoi post e successivamente ai libri letti, ho scoperto un mondo meraviglioso che ruota attorno ai bambini. Per tanto tempo ho cercato scuole steineriane a Genova, ma evidentemente la città non è ancora pronta per un passo del genere. Ops, pardon se mi sono persa in discorsi che non c'entrano nulla con la rubrica, ma mentre scrivo questo post, mi sono affiorati dei ricordi bellissimi di quando ad esempio assieme a Beatrice (Mathi doveva ancora arrivare), passeggiavamo nel bosco alla ricerca di quello che ci offriva la natura.


jSe siete interessati ad approfondire l'argomento vi consiglio un libro che mi è piaciuto molto che si chiama Educare alla liberà. In questo vecchio post invece, Claudia vi racconta i giocattoli waldorf (se conoscete Steiner, ne avrete già sentito parlare) e il suo approccio a questa pedagogia, fino ad un vero e proprio totale cambiamento. Sono molto felice che Claudia faccia parte del gruppo delle italiane all'estero, la stimo come mamma e come persona. Oltre a essere blogger è autrice di diversi libri e insegnante di yoga. Ho avuto modo di conoscerla lo scorso autunno a Milano per un progetto che ci ha visto assieme e vederla dal vivo è stato un po' come dire: oh mamma ma allora sei vera? Vi lascio all'intervista.

Claudia, in quale Paese hai deciso di trasferirti e perché hai scelto proprio quel posto?
Vivo in Provenza in un paesino di tremila abitanti. Sono nata e cresciuta a Torino, cercavo una dimensione più umana e una vita più sana per i miei figli.

Come ti sei preparata psicologicamente al trasferimento?
Io sono una vera e propria nomade perché da quando ho finito l'università ho traslocato ogni due anni cambiando non solo casa, ma anche città e a volte persino lo Stato. Non avevo bisogno di preparazione psicologica, per me la cosa più difficile è stare ferma in un posto!

Ci racconti la tua esperienza lavorativa in Provenza?
Quando sono arrivata qui mi occupavo essenzialmente del blog e dei libri da scrivere. Poi la ditta per la quale lavorava mio marito ha chiuso e lui ha deciso di mettersi in proprio. All'inizio non è stato facile e per arrotondare ho lavorato nella cantina cooperativa del nostro paese. Vendevo vini, un lavoro piacevole, ma io che ero abituata a non avere orari è stato un vero e proprio supplizio! Nel frattempo ho terminato la formazione per insegnante di yoga e inaspettatamente mi si è subito presentata l'opportunità di svolgere questo mestiere. Ho lasciato la cantina e ho iniziato a dare lezioni. Il primo anno erano due a settimana, il secondo quattro e ora siamo a sei. Lo yoga qui da noi va alla grande. Entrambe le esperienze lavorative mi sono state utilissime per integrarmi in quello che è un paesino di campagna, non necessariamente aperto ai "forestieri". 

Pensi che un lavoro creativo sia concepito alla stessa maniera in Francia che in Italia?
Sì credo proprio di sì. Non vedo grosse differenze in tal senso.

Photo by Claudia Porta

E burocraticamente parlando la Francia l'hai trovata molto diversa dal nostro Paese?
Sì diversa. Complessa per me che arrivo da fuori, ma senz'altro molto meglio organizzata. La maggior parte delle pratiche possono essere sbrigate per posta senza necessariamente fare lunghe code nei vari uffici. 

Che tipo di rapporto hanno i francesi con il lavoro?
Lavorano 35 ore a settimana e sono sfiniti! ;) Scherzi a parte, hanno tanti vantaggi ma non sanno di essere dei privilegiati quindi si lamentano parecchio. Dovrebbero andare tutti a fare uno stage all'estero per apprezzare il loro sistema.

Qual è stato il momento più bello che hai vissuto in quel Paese?
Senz'altro la nascita di mia figlia Chiara, l'unica dei tre nata in Francia; l'unica per la quale è filato tutto liscio. 

Invece lavorativamente parlando qual è stato il lavoro più gratificante e speciale?
L'insegnamento dello yoga dà grandi gratificazioni perché spesso le persone, quando arrivano, non stanno bene (fisicamente o emotivamente, o entrambi). Con il tempo le vedi riprendersi, sciogliersi e tornare a sorridere. Quest'anno abbiamo deciso di regalare l'abbonamento annuale a due persone che hanno seri problemi di salute e il loro sguardo pieno di stupore e riconoscenza mi scalda il cuore ogni volta che ci penso. Un'altra bella soddisfazione è stata l'uscita di Giochiamo allo yoga, il mio primo libro scritto qui in Francia. Una piccola grande vittoria. 

Se ti chiedessi di descrivere con tre parole positive e tre parole negative (se ce ne sono ovviamente) la tua vita in Francia, quali sceglieresti?
Le tre parole positive. Serenità: sono "scappata" da Torino in un periodo molto difficile e qui ho ricominciato da zero ricostruendo la mia vita e trovando finalmente la serenità. Tranquillità: la Francia è un ottimo posto per crescere i figli. C'è una cultura della famiglia e i bambini sono molto tutelati. Scuola: amo i metodi educativi alternativi (Montessori, Steiner…) ma per cause di forza maggiore i miei figli frequentano la scuola pubblica. Ci siamo trovati benissimo e finora non ho mai avuto modo di lamentarmene. Quelle negative invece sono, nostalgia: credo che un italiano all'estero senta sempre la nostalgia del proprio Paese. Cibo: la cucina francese sarà anche ottima, ma quella italiana mi manca da morire!

Spero che vi sia piaciuta questa intervista; spero che vi abbia fatto sognare; spero che vi abbia fatto venire la voglia di partire alla scoperta di quello che il mondo può offrirci; spero che le parole di Claudia vi diano il coraggio e quella spinta che serve per dire davvero: ok domani parto! Grazie Claudia per aver condiviso con noi la tua esperienza. Buon weekend a tutti!

Corsi in programma e un regalo

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Viva le donne, auguri amiche! :) Oggi sono qui per scusarmi, per farmi perdonare con un regalino (leggete il post fino in fondo mi raccomando!) e per ricordarvi qualche appuntamento. Mi dovete scusare perché in questo periodo riesco a stare pochissimo al computer e ho un sacco di mail che si stanno accumulando. Prometto che entro breve risponderò a tutti, pazientate ancora un pochino per favore. Inoltre sono mesi che non spedisco una newsletter (sono proprio una disgraziata è vero), in questi giorni vi avviserò con un nuovo messaggio e vi informerò delle ultime novità.

Detto questo voglio ricordarvi gli appuntamenti in programma questo mese e quelli dei mesi a venire. Inizialmente era stato segnato un corso per il 12 marzo, ma causa forza maggiore, il corso di tecnica shabby & industrial chicche terrò a Torinoè stato spostato al 19 marzo. Il 26 marzo sarò nuovamente a Bologna, sempre dalla mia amica Alessia e ospiti del suo bellissimoB&B Casa Vintage. Questa volta il corso sarà totalmente dedicato a questa nuova tecnica di decorazione, l'industrial chic. Prenotate il vostro posto perché stanno andando a ruba!

L'8 aprile (durante il Salone del Mobile) sarò a Milano (e spero tanto di riuscire a fare un giretto in Fiera ma soprattutto al Fuorisalone) e ci vediamo come sempre da Yael, presso lo Spazio Culturale MY G. Mentre l'ultima data in programma (per il momento) è quella del 4 giugno e sarò in provincia di Macerata da Arianna presso il suo nuovissimo Laboratorio del Baule dei Ricordi. Se desiderate ricevere più informazioni, scrivete una mail a sarahtognetti@yahoo.it. Giuro che risponderò in tempi brevissimi! ;)

Vi avevo promesso un regalino vero? Bene, oggi è la Festa della Donna e solo oggi, per chi si iscrive ad uno dei miei corsi, regalo il 10% di sconto. Prenotate il vostro posto che aspettate! Oppure regalate alle vostre fidanzate, mogli, compagne un corso di tecnica shabby. Sarò felice di preparare per voi un biglietto digitale personale da regalare all'amore della vostra vita. Viva le donne, viva la creatività! 


Italiane all'estero: Federica Baricolo

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Buongiorno a tutti, oggi è venerdì e come ogni venerdì che si rispetti torna l'attesa rubrica italiane all'estero. Quello di oggi è un post che mi sta molto a cuore perché la ragazza intervistata vive in un posto speciale che amo, l'Inghilterra. Fin da quando cominciai ad acquistare  le prime riviste d'arredamento straniere, lo stile inglese è quello che mi colpì fin da subito, tant'è che fino a poco tempo fa (prima dell'innamoramento dello stile nordico), casa mia aveva molte influenze inglesi e a prescindere dai cambiamenti avvenuti in questi ultimi mesi, penso che sia uno stile semplice ma di classe. Uno dei più belli in assoluto. 

Federica Baricolo autrice del blog Country Kitty ha una casa da perderci la testa. Ricordo che circa otto o nove anni fa (è stato uno dei primissimi blog che cominciai a seguire), mi perdevo in fantasticherie guardando le foto della ristrutturazione della sua casa. Vedere quegli ambienti era come un sogno ad occhi aperti. Oggi Federica è diventata mamma di una splendida bambina, Adele, ma continua a coltivare la sua grande passione: il cucito. Ecco lo devo ammettere, io e il cucito andiamo d'accordo come il giorno e la notte, il bianco e il nero, la vita e la morte. Vedere la perfezione dei suoi punti, la maestria con cui crea borse, peluche, beauty, bambole, pochette e chi più ne ha ne metta, mi fa veramente capire quanto sia negata per questa attività. 

Federica si definisce timida (difatti trovare qualche sua foto sul blog è un'impresa da James Bond), curiosa, meteoropatica (sei in ottima compagnia Fede!), pigra, vegetariana, creativa, sognatrice, precisa e testarda. Io ho amato dal primo momento il suo blog e la spontaneità con cui scrive e con cui racconta la sua vita. Attraverso gli scatti della sua Inghilterra riesce a trasmettere il suo amore per la natura, per la campagna e per la vita all'aria aperta. Se anche voi come me siete amanti di questo Paese, se siete curiosi di entrare nel suo mondo fatto di ago e filo, se vi piace lo stile inglese, se le rose inglesi di David Austin vi fanno sognare (dovete assolutamente vedere la sua collezione), allora non dovete perdervi il suo blog. Ecco la sua intervista. 

Federica in quale città del Pianeta hai deciso di trasferirti e per quale motivo hai scelto proprio quel posto?
Inizialmente, più di undici anni fa, dall'Italia ci siamo spostati in un villaggio del Surrey, a sud di Londra, in Inghilterra. Da lì poi qualche anno fa ci siamo spostati in una cittadina del Wiltshire, sempre in Inghilterra. Il motivo, sia del primo trasferimento che del secondo, sono state le interessanti offerte di lavoro ricevute da mio marito che ci hanno spinto, assieme a un forte amore per la Gran Bretagna e alla voglia di fare un paio di anni di esperienza all'estero, a spostarci qui. Un paio di anni si sono poi trasformati in undici, quasi dodici anni, che è un po' quello che spesso accade a tanti quando ci si sposta all'estero. 

Come ti sei preparata psicologicamente al trasferimento? 
Mio marito si è spostato sei mesi prima di me e ha affrontato da solo (anche se aiutato in parte  dall'azienda che lo ha assunto), tutta la difficilissima fase iniziale di adattamento. Io, pur essendo stata sempre molto attratta da tutto ciò che è british e dall'idea di vivere in un luogo che ho sempre amato, devo dire che non ero assolutamente convinta ed è stato lui alla fine a "convincere" entrambi e a decidere di provare a fare questa esperienza e a trascinarmi con il suo entusiasmo. Personalmente mi sono preparata ripassando e rinfrescando un po' di inglese grazie ad una ragazza madrelingua che mi ha offerto il servizio di conversazione un paio di volte alla settimana. 


Ci racconti i tuoi primi giorni in Inghilterra?
Sono passati così tanti anni che sinceramente i ricordi sono molto sfuocati, ma ricordo che rimasi subito affascinata da quanto tutto qui fosse più a misura d'uomo. Le casette mi sembravano quelle delle bambole, il verde era onnipresente, i pascoli praticamente dietro l'angolo e il profumo di legno bagnato mi davano l'idea di essere in montagna. E poi i sentierini da fare a piedi in mezzo ai boschi per raggiungere la farmacia o il supermercato, tutto era nuovo e diverso, era come vivere in un mondo parallelo, quasi un mondo delle fiabe.

Qual è stato il momento più bello che hai vissuto nel Regno Unito?
Non può che essere la nascita della nostra bambina Adele, un anno e mezzo fa! Fortunatamenteo ho avuto una gravidanza e un parto davvero sereni e senza alcun problema (beh a parte le urla di dolore chiaramente!), e posso annoverare anche questa esperienza unica tra quelle vissute all'estero, completamente lontana da famiglia e da ogni tipo di aiuto e supporto. A livello quotidiano invece devo dire che i momenti più belli che ho vissuto e continuo a vivere qui sono i tantissimi weekend in cui ci immergiamo nella natura ed effettuiamo percorsi e passeggiate nelle zone che ci circondano. Abbiamo infatti la fortuna di godere di campagna, villaggi e luoghi assolutamente meravigliosi a due passi da casa. Zaino in spalla (e marsupio per la piccola), libro con i percorsi, panini e via (meteo permettendo) a esplorare i luoghi incantevoli che sembravo usciti da libri di favole: boschi, pascoli e colline, incontrando spesso lepri, cervi, volpi, scoiattoli e fagiani. Queste sono le parti più belle ed emozionanti del vivere qui per noi.

E lavorativamente parlando qual è stato il lavoro più gratificante e speciale?
Penso sia stato il rendere il mio hobby un lavoro vero e proprio. In Italia tutto era solo un hobby serale nato per gioco dal mio blog e da qualche richiesta di alcune lettrici. A quei tempi mai avrei pensato che un giorno questa sarebbe stata la mia occupazione. Poi mi sono trasferita qui e piano piano le richieste sono aumentate sempre di più e allora mi sono informata su come funziona tutto e ho ufficializzato il mio lavoro e aperto il mio negozietto su Etsy. Ordinare scatoloni pieni di materiale per le spedizioni, i biglietti da visita, far fare le etichette da cucire sui miei articoli, compilare i grafici dei miei ordini… tutto questo mi ha reso felice perché mi fa sentire quanto questo ora sia il mio piccolo ma reale lavoro.

Pensi che un lavoro creativo sia concepito alla stessa maniera in Inghilterra che in Italia?
No, credo che qui ci siano alcune differenze. Innanzitutto per la mia personale esperienza ho notato che qui il lavoro creativo è chiaramente e semplicemente regolato a livello fiscale e questo fa sì che moltissimi creativi scelgano di rendere il loro hobby un lavoro, a tempo pieno o non, e che questo tipo di attività sia considerata una vera occupazione e non un "gioco". La partita IVA non è obbligatoria, se non dopo una soglia di entrate (veramente molto alta) e le tasse vanno pagate in modo proporzionale alle entrate. Non ci sono costi fissi estremamente proibitivi come i contributi pensionistici che ci sono in Italia (o meglio ci sono ma sono una cifra davvero irrisoria). Naturalmente tutto questo si riflette sul sistema pensionistico che è molto diverso dall'Italia e che non prevede una pensione proporzionale al reddito ma una pensione unica e minima, molto bassa ed impensabile per poter vivere, uguale per chiunque, indipendente da posizione e reddito. Se si desidera una pensione più alta è necessario crearne una privata che è quello che infatti fa la maggior parte delle persone. Quindi come sempre ci sono risvolti positivi e negativi. I positivi sono che se si decide di aprire un'attività creativa (o da libero professionista), la burocrazia è semplice e accessibile a livello economico. I risvolti negativi sono chiaramente che bisogna responsabilizzarsi per quanto riguarda il futuro lontano in quanto la pensione statale non basta in genere per vivere.


Burocraticamente parlando quali differenze hai travato tra il nostro Paese e l'Inghilterra?
È abbastanza diversa, per lo meno pre-brexit perché purtroppo adesso le cose cambieranno parecchio per chi non è cittadino inglese e già gli effetti stanno iniziando a farsi sentire. Pre il resto quasi tutto è in genere più semplice e scorrevole qui. La maggior parte delle cose si possono sbrigare per telefono, email o per posta. Non esiste il concetto di marca da bollo o di lunghe file agli sportelli o di venire rimbalzati da ufficio a ufficio. Anche aprire e chiudere un'attività è in linea di massima abbastanza veloce e lineare. 

Che tipo di rapporto hanno gli inglesi della tua cittadina con il lavoro?
Non mi è semplice rispondere perché lavorando come libera professionista non ho molto a che fare con il modo del lavoro inteso in modo classico. Da quello che sento da marito e amici direi che nella mia testa mi sono fatta l'idea che qui il rapporto con il lavoro sia un po' più flessibile e "rilassato" rispetto all'Italia. Siccome la burocrazia è più scorrevole, le aziende licenziano ahimè facilmente ma assumono in genere anche abbastanza facilmente. Noto soprattutto, nel mondo delle mamme, un enorme differenza rispetto alle mie amiche in Italia. Qui in UK quasi tutte le mamme che conosco hanno: o lasciato il lavoro alla nascita del loro bimbo con l'intenzione di riprenderlo qualche anno più tardi (cosa che poi effettivamente avviene senza grossi problemi) oppure hanno chiesto (e ottenuto facilmente) il part time. Nella mia cerchia di amicizie conosco praticamente solo una mamma che ha deciso di continuare a lavorare a tempo pieno. Mentre in Italia direi che tra le mie amiche è l'opposto: nessuna ha lasciato il lavoro e pochissime sono riuscite a ottenere il part time (comunque ottenuto a gran fatica).

Come descriveresti la tua esperienza lavorativa nel Regno Unito?
Sicuramente in modo molto positivo. A livello pratico ho apprezzato la semplicità a livello fiscale e burocratico che rende più agevole lavorare nel modo in cui ho scelto e potuto fare io. Un part time decisamente flessibile che ben si adatta alle diverse fasi della mia vita e che mi ha permesso di dedicare molto tempo ed energia al lavoro buttandomi a capofitto nel mio negozietto gli scorsi anni mentre ora, che ho una bimba piccola, mi permette invece di dedicarle tutto il tempo possibile avendo diminuito, per il momento in modo significativo, le ore di lavoro. Il commercio online qui è molto sviluppato, sicuro, efficiente e veloce.

Photo by Federica Baricolo

Se ti chiedessi di descrivere con tre parole positive e tre parole negative ( se ce ne sono ovviamente) la tua vita in Inghilterra, quali sceglieresti?
Appagante, serena e semplice. Semplicità intesa sia come stile di vita sia nel senso che tutto è più semplice: dall'andare in posta all'acquistare qualcosa online (sapendo la riceverò a breve e che non ci saranno problemi con le poste). Quelle negative sono: isolata, non integrata, eternamente temporanea. So che mi hai chiesto solo tre parole ma ci tengo a sottolineare quelle negative perché dal resto dell'intervista può sembrare che qui sia tutto rose e fiori. Di certo in parte lo è, altrimenti nonostante tutto non saremmo ancora qui dopo tanti anni, ma la verità è che pur dipendendo moltissimo da carattere, sensibilità e adattabilità individuali, vivere all'estero, è davvero complesso (soprattutto in un Paese nordico che ha molte differenze culturali e abitudini rispetto all'Italia). Rapportarsi è faticoso, ci si sente diversi, anzi si è diversi e per lo meno nel nostro caso, nemmeno dopo undici anni ci si sente davvero integrati, anzi. Lo scontro culturale è spesso fortissimo, sia al lavoro sia nella vita di tutti i giorni. La solitudine e la lontananza dei propri cari poi fa il resto e più si invecchia (sia noi che i nostri cari), più questa lontananza pesa enormemente, soprattutto ora che c'è una bambina di mezzo e non si fa altro che pensare in continuazione a quale sia il futuro più giusto per noi tutti. Sul piatto della bilancia ci sono tantissimi fattori che pesano: la vicinanza/lontananza della famiglia, le opportunità, la sicurezza economica, le prospettive per il futuro di nostra figlia, la solitudine, gli amici, la stabilità lavorativa, la qualità di vita, l'appagamento lavorativo e mille altre cose. Se mi chiedessi se tornando indietro farei di nuovo la scelta di partire la risposta sarebbe che davvero non lo so! Da una parte per assurdo vorrei non fossimo mai partiti, perché così non avremmo mai conosciuto e sperimentato la vita che possiamo avere qui e quindi forse ci "accontenteremmo" molto più serenamente di quella che era la nostra normalità e i limiti di una vita in Italia. Dall'altra parte penso che indipendentemente da tutto, un'esperienza all'estero, per quanto breve o lunga possa essere, arricchisca enormemente a livello personale e quindi forse se non fossimo mai partiti non saremmo quelli che siamo ora. 

Questi sono ottimi spunti su cui riflettere, un grazie enorme Federica per averci fatto entrare così a fondo nella tua vita, nei tuoi pensieri. Grazie anche per aver illustrato quella burocrazia che si "nasconde" a noi che abitiamo lontano e che non potremmo mai conoscere veramente se non fosse che un amico o un parente vivi in quel luogo. È vero, non ci sono solo i bei villaggi con le case e i giardini che sembrano dipinti, ci sono tantissimi altri aspetti che bisogna tenere conto se davvero si vuole pensare ad un trasferimento. Tu per ora però lasciami ancora un po' sognare, brexit o non brexit, l'Inghilterra rimane uno dei posti che preferisco al mondo. Buon fine settimana a tutti! 

Una casa romantica

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Qualche giorno fa sulla pagina Facebook vi avevo chiesto di aiutarmi e darmi qualche consiglio sui vostri pezzi d'arredo preferiti trovati su Ebay per ricreare una casa romantica in stile "La Bella e la Bestia". Assieme ad altre colleghe blogger, sono stata contattata e incaricata a trovare le ispirazioni più belle, quelle più romantiche in fatto di arredi shabby. Ho pensato, come arrederebbe Belle il suo castello? Mi sono divertita un mondo a cercare mobili e oggetti che potessero essere perfetti per una principessa come lei e se cliccate qui, trovate una piccola collezione di oggetti a lei dedicati, o meglio dire, dedicati alla sua "umile" dimora! ;) 

Navigando sul grande portale quale è Ebay, c'è tantissima scelta. Io amo Ebay non è di certo un segreto. Lo sapete, tantissimi mobili e complementi d'arredo che ho in casa mia li ho proprio acquistati lì e penso che non potrei vivere senza. Se ho bisogno di fare un acquisto veloce, "corro" sul sito e mi posso sbizzarrire nel cercare tra cose nuove o usate. La bellezza sta proprio nel fatto che ce n'è per tutti i gusti! Sul mio account ho salvato un sacco di venditori preferiti, classificandoli in base ai miei gusti e ogni tot mi diverto a navigare tra i loro oggetti in vendita. È come andare in un gigantesco mercatino stando però seduti comodamente a casa. Pensate, nel mondo ci sono all'attivo più di 167 milioni di acquirenti.

Inutile dirvi che da quando ho scaricato la App di Ebay sul mio iPhone è la fine! È la fine perché una delle cose che amo fare prima di spegnere la luce e sprofondare nel mondo dei sogni è quella di fare una partita a burraco (sono malata di burraco!) e "sfogliare" la lista dei desideri su Ebay che giorno dopo giorno cresce sempre di più! Lo sapete che nel mondo questa App è già stata scaricata più di 348 milioni di volte? Pazzesco! Voi la utilizzate? Anni fa lo usavo anche per vendere qualche oggetto di cui volevo disfarmene, ma ora lo utilizzo per lo più per comprare qualsiasi tipo di oggetto: dall'arredamento all'elettronica, dalla cura per la persona (ho comprato da poco un arriccia capelli che da tanto desideravo) ai vestiti. Lo sapete che su Ebay ogni 5 secondi si acquista un oggetto di telefonia? E ogni 55 secondi un articolo di arredamento o bricolage. 

Tra pochi giorni uscirà al cinema l'attesissimo film "La Bella e la Bestia" con Emma Watson, andrete a vederlo? Io vorrei portarci le bimbe. La storia della principessa Bella l'ho adorata fin da quando nel 1991 uscì sul grande schermo, avevo undici anni e sognare era il mio passatempo preferito (non che ora sia cambiato poi tanto!). Bando alle ciance, voglio subito mostrarvi quello che ho immaginato per la casa di Belle! Tra arredi dall'inconfondibile stile shabby e tocchi vintage, ho realizzato questa moodboard, che ne pensate? Trovate tutti gli articoli presenti in questo articolo (e tantissimi altri) nella mia collezione personale con relativi link all'acquisto.



P.S. Non ho saputo resistere e ho fatto shopping anch'io! Era da un sacco che volevo comprare un cassetto da tipografo che contenesse i miei anelli e miei orecchini. Dato che c'ero, ho acquistato una cornicetta davvero carina! ;)

La primavera è rosa

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Sono nata femmina ma la maggior parte dell'infanzia e buona parte dell'adolescenza l'ho passata da maschiaccio. Detestavo il colore rosa, odiavo le gonne e non sopportavo le ballerine (le calzature).  D'altronde era difficile arrampicarsi sugli alberi e correre nei campi con quel tipo di abbigliamento. Crescendo ho passato una breve periodo "dark" se così posso definirlo. Infilavo un paio di jeans, i miei anfibi preferiti con la punta di ferro (di una scomodità assurda che se ci penso ora…) e una t-shirt nera. Tuttora ammetto di amare questo stile che oggi definirei più rock che dark, ma c'è un ma. Quando comincia a soffiare il vento tiepido e la primavera è alle porte, ci sono giorni in cui mi vestirei di zucchero soffiato, abiterei sopra una nuvola e decorerei l'intera casa con fiori colorati.

A primavera fiorisce la mia femminilità, la sento scalpitare, vuole uscire dalle mie Vans, vuole evadere dai miei soliti jeans. E così come ogni anno, quella che è diventata "un'abitudine primaverile" si trasforma in un vero e proprio cambiamento: amo le gonne (continuo a detestare le ballerine e a preferire i Dr. Martens), ma soprattutto vado in brodo di giuggiole per il colore rosa. Pensate che in questi giorni sto pensando a colorare qualche parete di rosa cipria, fortuna che non ho tempo altrimenti sarebbe un delirio. Delirio perché rivoluzionerei casa per l'ennesima volta e delirio perché Beatrice e Mathilde, odiano il rosa così come lo odiavo io da bambina. 

Qualche giorno fa navigavo su Pinterest e come accade ogni volta, un'immagine ti porta a un'altra immagine e così via, non si finirebbe più di stare al computer! Mi ero salvata qualche foto dove il colore rosa è protagonista e poco dopo mi è venuta la voglia di creare delle moodboard d'ispirazione. Oggi si chiamano moodboard (che fa tanto figo), una volta si chiamavano collage. Oh quanti collage che facevo da ragazza con le immagini che ritagliavo dai giornali. Avevo dei classificatori pieni di ritagli e ognuno aveva un tema diverso. C'era quello dedicato alla casa, quello dedicato al matrimonio, alla moda e alla cura della persona, ai viaggi e perfino alla cucina. Dico perfino perché cominciai a catalogare ricette quando ancora frequentavo la scuola media. 

Mi piace cambiare e mi piacciono i cambiamenti che le donne affrontano ogni giorno. Siamo o non siamo delle creature speciali? Io lo penso veramente. Oggi mi vesto in tuta, sono struccata e non metto neanche il reggiseno per uscire e domani chissà, potrei mettermi un vestito carino e tacco alto. Siamo poliedriche, siamo camaleontiche, è questa la bellezza, questo è il nostro potere. Possiamo giocare e possiamo farlo rimanendo sempre noi stesse. Comunque questa del rosa è una mania! Pensate che lo scorso mese ho comprato tre smalti (dico tre eh!) smalti rosa. Il nuovo cellulare che vorrei comprare? Anche quello rosa. Non mi resta che aspettare l'estate per uscire dal "tunnel tutto rosa" ed entrare in quello del bianco! ;)


Italiane all'estero: Camilla Anchisi

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Eccoci al quinto appuntamento con la rubrica italiane all'estero. Siamo arrivati a  metà delle nostre interviste, cinque donne che da sole o assieme al compagno hanno preso la decisione di partire, di cercare e trovare fortuna al di fuori dell'Italia. Leggendo le loro storie, ascoltando le loro esperienze non riuscirei a dire quale sia "l'ingrediente principale" per avere la forza di partire. Coraggio? Soldi? Un posto di lavoro già definito? Oppure la sola cosa che accomuna queste ragazze è la voglia di stare meglio? La voglia di vivere in un Paese che può offrirci una vita degna di essere vissuta pienamente, che ci fa sentire a tutti gli effetti cittadini del mondo e non sopravvissuti (passatemi il termine) in una nazione che non aiuta il suo popolo. Che li spreme, li deruba delle loro speranze (e non solo), li frega e gli volta le spalle nel momento del bisogno.

Io non so come sia veramente vivere "là fuori". Sinceramente penso che ci sarà chi sta meglio di noi e chi al contrario sta molto peggio. Il problema (perché secondo me è un grossa balla che ci hanno inculcato fin da piccoli), è che ci hanno abituato pensare e a formulare questo ragionamento: guarda chi sta peggio da te, ritieniti fortunato per quello che hai! Ma vi faccio una domanda: sarebbe da ingrati pensare di volere stare meglio? Volere di più per noi stessi e per i nostri figli? E poi questa ingratitudine sarebbe nei confronti di chi? Di chi ci ha donato la vita? Nei confronti della vita stessa? Del mondo?

Sono sicura, e qui correggetemi se sbaglio, che tutte le persone che sono andate via dall'Italia lo hanno fatto per un solo motivo: stare meglio, vivere meglio. Sono forse ingrate queste persone? Sono egoiste? Non credo proprio. Credo invece che abbiano avuto la capacità di andare oltre, di vedere "là fuori" qualcosa di meglio, anche se fosse solo una piccola possibilità loro l'hanno vista. Ecco allora anch'io voglio avere i loro occhi e mi auguro con tutto il cuore che chi in questo momento è titubante sul partire, chi ci sta pensando ma è frenato da mille dubbi, di avere quegli stessi occhi, gli occhi che riescono a vedere solo speranza e una vita migliore.

Oggi voglio presentarvi una ragazza giovanissima che ho conosciuto di persona qualche anno fa a Milano: Camilla Anchisi. Lei è una fotografa davvero in gamba e la conobbi inizialmente tramite il suo primo blog. Le sue foto mi facevano sognare e accadde che un giorno venne ad uno dei miei corsi in veste di fotografa ufficiale. Correva l'anno 2013 e in questi pochi anni Camilla ne ha fatta tanta strada, esattamente 8515 Km, i chilometri che dividono Milano da Vancouver. Ora Camilla è una fotografa di matrimoni affermata e definisce la sua macchina fotografica, il pennello che usa per dipingere i colori della nostra giornata più bella. Crea immagini emozionanti, piene di luce e romanticismo. Adoro i suoi scatti. Ecco a voi la sua intervista.


In quale città del Pianeta hai deciso di trasferirti? 
Il Canada mi ha sempre affascinato molto, soprattutto per i suoi paesaggi e la sua natura incontaminata. Non avevo mai avuto la possibilità di scoprire di persona questo Paese ma ne avevo sempre sentito parlare molto bene. Alcuni amici avevano avuto modo di vivere sulla west coast vicino a Vancouver e si sono innamorati di quella città, una delle più ferventi del Paese, dal clima mite, affacciata sull’oceano e circondata dalle foreste... e quindi quando io e mio marito abbiamo deciso di intraprendere quest’avventura la scelta è caduta in modo naturale su questa città.

Come ti sei preparata psicologicamente al trasferimento? 
Non sono nuova ai trasferimenti, ma lasciare il proprio Paese per volare oltreoceano e fare una nuova esperienza di vita non è una passeggiata. La cosa più difficile è stata infatti “prendere effettivamente la decisione di partire” e lasciare tutto (famiglia, amici, lavoro, casa...). È qualcosa che devi sentire dentro, la volontà di scoprire cose nuove, rimettersi in gioco, immergersi in una nuova cultura, capovolgere i propri equilibri, affrontare l’ignoto. Una volta che si decide di fare il grande passo, lasciandosi alle spalle la paura, quasi non ci si rende conto: sono tante le cose da preparare e sistemare, i giorni passano veloci e in un attimo ci si ritrova con le valigie e il biglietto aereo in mano pronti per la partenza. Indubbiamente il fatto di essere partita in coppia con mio marito, condividendo questa esperienza insieme, ha contribuito non poco a vivere con più entusiasmo e serenità anche tutta la parte di preparazione. Era tanta la voglia di crescere e seguire le nostre aspirazioni professionali oltre che imparare una nuova cultura.

Come sono stati i tuoi primi giorni a Vancouver?
Le prime settimane a Vancouver sono state elettrizzanti: mi sono subito resa conto di quanto questa città fosse diversa da tutte le altre che avevo visitato prima ed era una continua scoperta. Instancabile mi son ritrovata a fare chilometri a piedi, non solo per sbrigare le più elementari faccende burocratiche e per trovare casa, ma proprio per la voglia di scoprire ogni angolo caratteristico della città e prender confidenza con quella che sarebbe stata la mia casa per un po’. La cosa che più mi ha affascinato è stato scoprire di persona che pur essendo una metropoli, Vancouver è una città a misura d’uomo, piena di servizi, di piste ciclabili e soprattutto immersa e circondata dal verde con un paesaggio fatto di montagne e foreste che incontrano l’oceano. Ero positivamente colpita dal fatto che il traffico, comparato a quello di Milano (dove ho vissuto per anni) era quasi inesistente, che non c’era smog e che anzi l’aria profumava un misto di montagna e mare, che le persone che incontravo per strada avevano sempre il sorriso in viso. Caffetterie aperte 24h, wi-fi ovunque gratuito, servizi funzionanti.

Qual è stato il momento più bello che hai vissuto in quel Paese?
Sono molti i ricordi belli che affollano la mia mente! Ciò che ricordo con più piacere sono le persone in gamba che ho conosciuto, quelle che da subito hanno creduto in me e mi hanno dato una mano, quelle con cui ho condiviso la mia esperienza da “migrante”. L’emozione dei primissimi matrimoni scattati oltreoceano e i viaggi fuori porta alla scoperta della natura canadese. Quante ore ho camminato in mezzo alle foreste davvero non saprei dirlo ma stare in mezzo a quei paesaggi incontaminati è stato qualcosa di unico e rigenerante!

Ci racconti la tua esperienza lavorativa in Canada?
A Vancouver ho lavorato principalmente come fotografa ed art director, continuando il mio percorso professionale ed approfondendo il mio interesse per fotografia, grafica e calligrafia. Ho avuto la fortuna di poter entrare in breve tempo nella community molto attiva dei fotografi locali che mi hanno accolto con entusiasmo. Ho collaborato con molti di loro, anche di fama internazionale, e lavorato a stretto contatto con altri professionisti in vista del settore che mi hanno affiancato non solo durante i matrimoni che ho scattato ma anche in occasione di shooting e progetti personali. La voglia di condividere le proprie esperienze, crescere e creare progetti comuni è grande e non è così difficile trovare persone disposte a darti una mano!


E lavorativamente parlando qual è stato il lavoro più gratificante e speciale?
Quella che ho fatto è stata un esperienza che mi ha arricchita molto e mi ha dato tante soddisfazioni: non c’è un lavoro solo che posso dire “favorito”. Ciò che mi ha reso davvero felice è stato l’essere apprezzata per le mie capacità anche all’estero, avere avuto la possibilità di lavorare con nomi importanti del mio settore che mi hanno permesso di crescere e soprattutto avere avuto la possibilità di venire a contatto con persone provenienti da tutto il mondo, scattare matrimoni di culture diverse, ognuno di questi eventi è stato di per sé unico ed emozionante.

Pensi che un lavoro creativo sia concepito alla stessa maniera in Canada che in Italia?
In Canada i lavori creativi in generale hanno più valore rispetto all'Italia. Ho trovato, soprattutto in città, la forte volontà di valorizzare l’artigianato e la produzione locale e i workshop creativi di approfondimento per bambini ed adulti sono molto frequenti ed affollati, senza parlare delle maggiori possibilità lavorative per i giovani che vogliono mettersi in proprio.

Che tipo di rapporto hanno i canadesi con il lavoro?
In generale trovo i canadesi molto dediti al lavoro ma anche molto flessibili e disponibili a cambiamenti frequenti. Riescono ad organizzarsi meglio le giornate e soprattutto a trovare spazio per hobby e tempo libero. Di norma gli uffici chiudono alle 5 del pomeriggio e c’è ancora buona parte della giornata da dedicare a se stessi, soprattutto ad attività fisiche all’aria aperta praticate anche d’inverno. Il seawall (“il lungomare” di Vancouver), non è mai vuoto!

Burocraticamente parlando il Canada l'hai trovato molto diverso dall'Italia?
Il Canada dal punto di vista burocratico è stata un’altra piacevole scoperta: se si escludono i tempi di attesa per ottenere i permessi di lavoro necessari per entrare nel Paese, la burocrazia canadese è davvero molto snella e sbalordisce per la disponibilità, la rapidità e la risposta degli addetti ai lavori, nonché per la quasi totale assenza di code agli sportelli! Il rispetto per le regole e per le persone inoltre è prioritario: lì la gente aspetta in fila indiana e composta il proprio turno, anche solo per salire sul bus, e lascia il posto a sedere agli anziani con un sorriso, di qualsiasi etnia o religione essa sia. Davvero un bell’esempio di integrazione, in una città fatta soprattutto di migranti proveniente da ogni parte del mondo!

Se ti chiedessi di descrivere con tre parole positive e tre parole negative (se ce ne sono ovviamente) la tua vita In Canada, quali sceglieresti?
Difficile descrivere questa esperienza in poche parole. Potrei dire in sintesi stimolante, impegnativa e indimenticabile. Stimolante perché sono venuta a contatto con un mondo, un modo di vivere e idee completamente diverse che mi hanno aperto la mente. Impegnativa perché stare così lontano dalla propria famiglia e dagli affetti non è stato facile. Andare in un altro Paese, specie se dall’altra parte del mondo, significa ricominciare da zero, tutto, in una lingua che non è la tua e che anche se conosci non sei comunque abituato ad usare tutti i giorni. Ci vuole costanza, forza d’animo e bisogna credere molto in se stessi e nelle proprie capacità. Ci sono momenti in cui, nonostante i legami che instauri, immancabilmente senti che ti manca qualcosa, qualcuno, le tue radici, che parte di te è rimasta da un altra parte. Indimenticabile perché quello che ho vissuto me lo porterò sempre con me, mi ha in qualche modo cambiata ed è stata un esperienza in cui ho dato tanto ma ho ricevuto anche tanto in cambio. Un esperienza che davvero consiglierei a tutti.

Camilla non ha voluto descrivere con nessuna parola negativa la sua esperienza di vita a Vancouver. Oh il Canada che sogno! Non so se riuscirei ad andare a vivere così distante dall'Italia, non credo di averne le capacità (ma non si sa mai nella vita), però sogno da tempo un viaggio in quel Paese, un viaggio con la V maiuscola. Uno di quei viaggi che ti apre la mente, il cuore, l'anima e torni a casa cambiato. Grazie Cami per aver condiviso con noi la tua esperienze e grazie per avermi fatto sognare per un po'! 

Photo by Camilla Anchisi


Felice primavera

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Ahhh... (urlo di felicità) è arrivata la primavera! Beh sì non è una novità, come ogni anno lei arriva puntuale e con essa dovrebbe arrivare la mia "cara amata" allergia. Speriamo più tardi possibile. Questa mattina avrò da sbrigare alcune commissioni tra cui un'ecografia al seno di controllo. Tutti gli anni eseguo un controllo di prevenzione e siccome non sono ancora in età di mammografia, eseguo questo esame per me più indicato. Mi voglio bene e cerco di tenermi sotto controllo dove posso (non ditelo però al mio dentista, sono anni che non mi vede!). Oggi ho un sacco di cose da raccontarvi, mettetevi comodi e fatemi compagnia fino alla fine del post. :)   (Foto copertina 1. 2. 3. 4.)

Siccome il post sul colore rosa vi era piaciuto un sacco, vi regalo altre immagini dalle sfumature pesca.  Io adoro questo colore. Tra i colori pastello è forse un po' sottovalutato, spesso lo si dimentica preferendo il cugino rosa e poi il verde acqua, l'azzurro e il giallo, ma trovo che sia un colore allegro e al contrario dell'arancione (colore che odio fortemente) è molto più bello e spiritoso. Quando sono stata a Eindhoven lo scorso maggio per il visual workshop tenuto a casa di Ilaria, ho avuto modo di conoscere di persona una blogger olandese molto apprezzata nel suo Paese. Anki è l'autrice del blog Zilverblauw e ha una casa super colorata con tantissimi elementi nei toni del pesca, anzi oserei dire che sia il suo colore preferito, vedere per credere.

Vi ricordate che questa domenica sarò a Bologna per un corso speciale tutto centrato sull'industrial chic? Se non ve lo ricordavate vi ho avvertiti io. Domenica 26 marzo mi troverete al b&b Casa Vintage dalle ore 9.30 fino alle ore 16.30 circa. Con voi dovrete portare solamente un vecchio mobiletto, ma niente ricci e ghirigori, questa volta ci vogliono mobili squadrati e dalle linee semplici. Pezzi "rubati" alle fabbriche e vanno bene mobili di legno e anche di metallo, il divertimento è assicurato e lo stravolgimento pure! Per maggiori informazioni e iscrizioni: sarahtognetti@yahoo.it.

Il 2017 ha portato un vento di avventura in casa Bevilacqua - Tognetti. Già la rubrica italiane all'estero che tengo al venerdì vi avrebbe dovuto dare qualche indizio, ma se così non fosse, ve lo dico forte e chiaro qui: quest'anno la parola d'ordine in casa nostra sarà viaggio. Viaggio con la V maiuscola, viaggio che ti apre la mente e cancella qualsiasi pregiudizio. Viaggio di crescita interiore e viaggio di scoperta. Da non molto ho scoperto una pagina Facebook che ho subito amato: Mangia Vivi Viaggia, se siete esperti viaggiatori, aspiranti tali o anche solo sognatori vi consiglio di darci un occhio. Proprio ieri, nel giorno della felicità, mi sono ritrovata a leggere con interesse un loro articolo: i 10 non-comandamenti di Osho per essere felici

Osho è considerato uno dei leader spirituali più controversi del nostro tempo. A tutti noi è capitato, per un motivo o per l'altro, di leggere una sua frase motivazionale. Che fosse per una citazione nei bigliettini dei Baci Perugina o sulle varie bacheche di Facebook, Osho è un nome ben noto anche alle persone che non si interessano di spiritualità. Ha generato una ribellione basata sul rifiuto di assumere qualsiasi valore sociale solo perché accettato dalla massa. Si opponeva a tutte le religioni e a tutti i tipi di potere che allontanavano l'uomo da sé stesso. Voleva un'umanità libera da qualunque dogma, libera di pensare al di fuori della cultura e delle tradizioni. 


I 10 NON-COMANDAMENTI DI OSHO

  • Non obbedire ad alcun ordine al di fuori di quello interiore.
  • L'unico Dio è la vita stessa.
  • La verità è dentro di te, non cercarla altrove.
  • L'amore è preghiera.
  • Il vuoto è la soglia della verità: è il mezzo, il fine e la realizzazione.
  • La vita è qui e ora.
  • Vivi totalmente desto.
  • Non nuotare, fluisci.
  • Muori ad ogni istante, così da essere rinnovato ad ogni istante.
  • Smetti di cercare. Ciò che è, è: fermati e guarda.

Mi hanno sempre colpito queste sue frasi: Non aspettare che accada qualcosa di straordinario, le cose straordinarie accadono ogni giorno sotto i nostri occhi. L'alba è meravigliosa e apre il cielo coi suoi colori ogni mattina, anche se nessuno è lì a guardarla. La gioia è l'antidoto ad ogni paura. Smettila di controllare tutto e di predisporre ogni tua singola azione. Trasformati! Perché alla fin fine non importa quello che fai: importa ciò che sei. 

Fonte i 10 non-comandamenti: Alice Buhagiar


Italiane all'estero: Dalia Marchesi

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Eccoci qui, pronti per un nuovo appuntamento con la rubrica italiane all'estero. L'intervista di oggi è davvero interessante. Io stessa l'ho letta tutta d'un fiato perché ero molto curiosa di conoscere le differenze di vita e di lavoro non solo tra Svizzera e Italia, ma tra Svizzera, Italia e Inghilterra. L'intervistata di oggi è una bella girovaga e prima di fermarsi nel cantone di Sangallo, ha vissuto qualche anno a Londra. Ho conosciuto Dalia Marchesi di Mammachecasa! attraverso la rete e la luce che emana questa ragazza è riuscita a raggiungermi attraverso il monitor.

Dalia è architetto, scrive articoli specialistici su riviste di settore, le piace progettare interni a misura di famiglia e di bambino ed è mamma di una bambina trilingue di otto anni. Il minimalismo, la pulizia formale e la semplicità sono le basi del suo progettare. Le sue passioni sono l'architettura e il design per l'infanzia ma i suoi interessi non finiscono qui: ama il decluttering, lo space cleraing (la tendenza ad eliminare dall'abitazione i mobili e gli oggetti di arredamento superflui per creare ambienti spaziosi ed essenziali) e il feng-shui. Sul suo blog potrete leggere le sue avventure di vita quotidiana, di mamma, di expat oltre ovviamente a trovare molti articoli dedicati al design. Amici vi presento Dalia.

In quale città del Pianeta hai deciso di trasferirti? Per quale motivo hai scelto proprio quel posto?
Abito in Svizzera da più di tre anni ormai, nella città di Sangallo, capitale di cantone ed il cui centro storico è patrimonio Unesco. Sono arrivata qui dopo sei anni passati a Londra ed il cambiamento è stato notevole! Sangallo è una cittadina di dimensioni medio-piccole e dalla forte tradizione tessile. È decisamente un altro mondo rispetto alla vivacità culturale di una città come Londra. Il motivo per il quale sono qui non è il  mio lavoro ma quello di mio marito. Sarei rimasta volentieri a Londra per quanto riguarda le possibilità lavorative nel mio campo. Sono architetto ed ho lavorato molto nell'interior design (residenze private, negozi, alberghi, bar, ristoranti, ecc.), ma appena arrivati a Londra non ho fatto in tempo a fare un colloquio di lavoro che il mio utero è rimasto abitato! Dopo nove mesi esatti è nata nostra figlia. Il suo primo anno di vita mi sono dedicata completamente a lei (avendola avuta relativamente tardi volevo godermela il più possibile), poi quando ha iniziato la nursery ho cominciato a scalpitare un po'. Ho iniziato a cercare lavoro, ma nel 2009-2010 la ricerca di architetti era calata molto anche a Londra a seguito della crisi economica mondiale (il settore delle costruzioni in genere è uno dei primi ad essere colpiti), così mentre inviavo curriculum è nato il blog Mammachecasa. 

Come ti sei preparata psicologicamente al trasferimento? 
C'è stata una grande differenza tra il primo trasferimento dall'Italia a Londra ed il secondo da lì a Sangallo. Londra è una metropoli vivacissima, piena di studi di architettura e di possibilità lavorative (almeno lo era nel momento in cui sono arrivata nel 2007). Quando ci siamo trasferiti avevo  molte aspettative ed ero al culmine dell'entusiasmo. Dal 2008 in poi, tuttavia, a seguito della crisi economica mondiale, la situazione si è fatta più difficile: molti architetti si sono ritrovati a spasso, perfino a Londra. 
Sangallo, al contrario, è una piccola città dove per lo più si parla tedesco, anzi, prevalentemente svizzero-tedesco (una lingua difficilissima). La scelta di venire qui non è stata facile, ma la vicinanza all'Italia, con la quale avevo continuato a lavorare nel primo periodo londinese e successivamente online attraverso il blog e la volontà di tenere la famiglia unita mi hanno convinto a venire alla scoperta della Svizzera (che comunque ha un tasso di disoccupazione pari all' 1-3%), lasciando dietro di me una metropoli che ho molto amato, ma nella quale la vita è piuttosto complicata, soprattutto per una famiglia con figli. 
Come mi sono preparata a lasciare Londra? Cercando di vedere i lati positivi di questo trasferimento nonostante le numerose possibilità che stavo lasciando indietro e cercando di viverlo come l'inizio di una nuova avventura.


Hai una figlia cresciuta tra il nord e il sud dell’Europa. Secondo te come vivono le famiglie in Svizzera? Nel tuo Paese si pone attenzione nei confronti di chi ha figli?
Vivo in una città piuttosto piccola (Sangallo conta circa 80.000 abitanti), in un quartiere residenziale verde e tranquillo, adatto ai bambini. Devo rispondere alla tua domanda facendo una distinzione tra "servizi per le famiglie" e "strutture childrenfriendly". Mi spiego meglio. Noi siamo arrivati in Svizzera che mia figlia aveva già cinque anni, prima come ti dicevo abitavamo a Londra. Ha frequentato qui l'ultimo anno di scuola materna. Prima dei quattro anni non esistono strutture pubbliche e quelle private sono piuttosto care. La gestione dei figli al di sotto dei quattro anni è piuttosto complessa se non hai aiuti familiari in zona. Al Kindergarten oltretutto non fanno il servizio mensa e i bambini hanno due rientri pomeridiani, dalle 13:40 fino alle 15:20. Stessa cosa alla scuola elementare (orari 8:00-11:40, 13:30-15:20), dove però c'è la possibilità di usufruire della mensa e di un eventuale tempo pieno (del quale in pochi usufruiscono in realtà). Nel complesso quindi, il tutto è piuttosto impegnativo per un genitore che deve fare il percorso casa-scuola diverse volte al giorno (non è un caso che non siano molte le mamme lavoratrici in un sistema così strutturato). In realtà qui vogliono che i bambini vadano da soli a scuola fin dai 4-5 anni, ma da mamma italiana io non ho mai osato farlo, se non raramente e solo ora che ha 8 anni!
Per quanto riguarda le strutture children-friendly ce ne sono in abbondanza, anche se molto dipende dalla zona della Svizzera in cui vivi. Nei centri commerciali c'è il play-centre dove puoi lasciare i bambini sorvegliati mentre tu fai la spesa o lo shopping (tipo Ikea per intendersi). Le iniziative cittadine per i più piccoli sono molte soprattutto sotto le feste e le ferie scolastiche. Ti faccio un esempio: durante le ferie di primavera una settimana viene dedicata allo sport, i bambini hanno la possibilità di provare alcuni sport per poi fare l'iscrizione il semestre successivo; oppure a Natale ci sono laboratori di tutti i tipi  in città (come fare candele, saponi, costruire le lanterne di San Martino); a Carnevale, oltre alla classica parata, si svolgono diversi eventi; i musei sono tutti childrenfriendly ed hanno le sezioni educative per i più piccoli. Molti i divertimenti insomma. Al contrario ristoranti e bar non sono molto ben organizzati per le famiglie, anche se molti hanno bagni con il fasciatoio. Vengo da Londra, dove ho vissuto la prima infanzia di mia figlia, e trovo che ci sia comunque un abisso tra qui e lì: non mi è mai mancata la possibilità di trovare un fasciatoio a Londra. La grande differenza è che in Svizzera è più sviluppato in senso childfriendly il settore privato, anziché quello pubblico come a Londra. Se a Londra puoi passare tutta la tua giornata fuori casa anche con un bimbo piccolo senza avere grossi problemi qui la cultura prevede un'organizzazione più di tipo tradizionale. Lì era tutto più concentrato, qui devi andare anche lontano per poter passare una giornata di divertimento con i bambini (ad esempio in un museo). Tranne quando c'è la neve, quella è tutta un'altra storia! Qui la neve è la norma, i parchi e le piste per bambini sono ovunque, anche dietro l'angolo di casa. Quando nevica basta prendere lo slittino e andare su una collina per avere un po' di divertimento.

Qual è stato il momento più bello che hai vissuto in quel Paese? 
Fammi pensare, non è facile sceglierne uno. Diciamo che sono stati tutti i piccoli momenti privati della mia vita familiare. Qui in Svizzera la vita scorre lenta e la dimensione privata ha assunto nuova luce.

E lavorativamente parlando qual è stato il lavoro più gratificante e speciale?
Tutti! Mi spiego: ogni cliente, per me, ha la stessa importanza. Mi piace, quando parlo con le persone durante le consulenze, guardarle negli occhi (anche se attraverso un computer) e cercare di capire e dar forma ai loro desideri proporre qualcosa che vedo adatto a loro e leggere in loro l'entusiasmo. La cosa più bella è sentire un cliente che mi dice «Questo è proprio quello che piace a me. Grazie. Hai capito perfettamente i miei gusti/le mie esigenze.». Sembra scontato, ma in realtà è la cosa più difficile del mondo. Mi piace leggere le persone, ascoltarle su un piano profondo e proporre ciò di cui hanno bisogno. Una richiesta che mi ha gratificato molto ultimamente è stata quella di una volontaria di un'associazione italiana che mi chiedeva consigli su come allestire una stanza d'ospedale per intrattenere i bambini durante i trattamenti ed invogliarli a tornare. La trovo una bellissima iniziativa.


Ci racconti la tua esperienza lavorativa nel cantone di Sangallo?
Come ti dicevo prima non ho ancora esperienza lavorativa qui in città, è poco tempo che siamo a Sangallo. Dopo il trasferimento ho preferito seguire mia figlia nel delicato passaggio dell'inserimento  a scuola e nella nuova realtà svizzera. Lei stessa ha cambiato lingua (dall'inglese al tedesco/svizzero-tedesco), e non è stato facile, anche se i bambini imparano alla velocità della luce. Per me il passaggio al tedesco è stato un poco più ostico, tanto che ancora, anche se lo parlo discretamente, non lo capisco al 100%! 
In questo nuovo contesto e con le nuove esigenze familiari (gli orari scolastici ed il costo delle strutture private qui non aiutano le madri di famiglia a riprendere il lavoro) ho cercato di "reinventarmi" lavorando da casa, attraverso il blog, che prima era più orientato al mommyblogging mentre con la ristrutturazione del 2015 ha preso una piega più "professionale": ho deciso di dare maggiore spazio alla mia attività di «architetto online» e alle consulenze che mi arrivano attraverso il web; parallelamente porto avanti la collaborazione con riviste, magazines online e siti vari attraverso la redazione di articoli specialistici sul design per bambini, spazi childfriendly ed altro. Mi occupo in particolare di spazi dedicati all'infanzia (ludoteche, asili, scuole, angoli per i ristoranti childfriendly, playrooms, camerette, ecc.), anche se le consulenze che faccio sono in genere richieste per il restyling e la ristrutturazione di appartamenti privati, oltre a camerette, stanze dei giochi eccetera.

Pensi che un lavoro creativo sia concepito alla stessa maniera in Svizzera che in Italia?
È difficile rispondere a questa domanda, non avendo per ora lavorato qui in Svizzera. Rispondo sulla base dell'esperienza delle persone che conosco e di ciò che mi è stato detto. In Italia tendiamo a sottovalutare (e sottopagare) i lavori creativi e non solo quelli. Ormai da noi si lavora spesso con contratti a progetto. Qui invece anche il creativo è un lavoratore che viene assunto regolarmente, che ha le ferie pagate, diritto alla malattia, alla maternità, al lavoro straordinario retribuito, al part-time. Anzi, ti dirò di più, sono molti i lavoratori al 70% o al 50%.
Non saprei fare un paragone tra il lavoro creativo in Svizzera e in  Italia, ma posso parlarti di ciò che vedo intorno a me, almeno in questa zona. Vedo case ben progettate, ben costruite, belle, luminose, con grandi superfici finestrate, ma costruite tutte più o meno nello stesso stile: pochi colori (prevalgono il bianco ed i toni del grigio), linee ortogonali (non ho ancora mai visto una linea obliqua o curva in un esterno o un interno, a parte le pensiline di Calatrava qui in città), tendenza al rigore. Insomma, ho la sensazione che manchi un po' la voglia di sperimentare (almeno nel mio campo). In compenso il creativo è un professionista e come tale viene pagato.

Che tipo di rapporto hanno gli svizzeri con il lavoro?
Serio e preciso. Sono puntuali (come un orologio svizzero, direi), rigorosi, onesti, efficienti, rispettosi degli impegni presi. Hanno in generale ritmi di vita piuttosto rilassati, sono meno stressati di noi italiani, ed in generale meglio organizzati (non è una leggenda metropolitana). Il fatto che in Svizzera il tasso medio di disoccupazione si collochi intorno al 2% fa sì che in molti inizino a lavorare subito dopo la scuola dell'obbligo; i dati rivelano infatti che solo il 19-20% continua gli studi ed intraprende professioni più specializzanti, mediamente - tra l'altro - molto meglio pagate rispetto all'Italia.

Burocraticamente parlando la Svizzera l'hai trovata molto diversa dall'Italia?
Rispetto all'Italia sicuramente. Rispetto all'Inghilterra anche. Diciamo che si colloca in una via di mezzo tra Italia e Inghilterra, anche se ora, con la Brexit, le cose cambieranno un po', immagino, per i nostri connazionali oltremanica. La burocrazia è molto più snella e veloce che in Italia, anche se abbastanza rigorosa.

Se ti chiedessi di descrivere con tre parole positive e tre parole negative (se ce ne sono ovviamente) la tua vita in Svizzera, quali sceglieresti?
Positive: qualità della vita, riscoperta della natura e della vita all'aria aperta e recupero di ritmi a misura d'uomo. Negative: mancanza di stimoli, lontananza degli affetti (tratto comune a molti expat) e difficoltà dello svizzero-tedesco. Mi spiego: mi sono dovuta ricredere sulla sull'idea che gli svizzeri parlassero fluentemente tre lingue; qualcuno, in realtà, ha difficoltà perfino con il tedesco (almeno nelle zone più di campagna).

E sempre più interessante conoscere le cose che accomunano tutti gli expat. Sicuramente la mancanza degli affetti e la lontananza da quella che è considerata ancora casa è tanta, ma l'entusiasmo di cominciare una nuova vita in un nuovo posto si fa sentire ed è quella che mi fa vibrare dentro. In queste interviste leggo anche molto sacrificio e voglia di lavorare su se stessi: che sia il cercare di trovare un nuovo equilibrio per la propria famiglia alla voglia di reinventarsi. Grazie Dalia per aver condiviso con noi una parte importante della tua vita, auguri per tutto. Noi ci vediamo la settimana prossima, buon weekend a tutti! 

Photo by Dalia Marchesi

Rassegna stampa: Botanical Style

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Il post di oggi necessita di tempo e tranquillità. No, non ho scritto nessun poema (questa volta!), ma ho fatto un sacco di foto all'ultimo libro comprato e dovete assaporarle con tutta calma. La scorsa settimana mi trovavo in centro per alcune commissioni, se non sono di fretta la tappa fissa in cui mi reco ogni volta è la libreria Feltrinelli. Ho fatto un po' di shopping per le bimbe e un po' per me. Per Mathilde ho acquistato il libro che dice proprio tutto sui maschi e sulle femmine di Françoize Boucher e ve lo consiglio alla grande. Tratta temi di oggi giorno: sessualità, omosessualità, sentimenti... il tutto illustrato e scritto in modo semplice, diretto e con un linguaggio consono ai bambini. Le ho anche preso draw my life perché mia figlia ama disegnare, pasticciare e fare schizzi di ogni tipo, davvero carino.

A Beatrice ho comprato crescere, che palle! di Sarah Andersen. Libro a fumetti che si divora in poco tempo, le è piaciuto molto e ha riso parecchio leggendolo. Le prenderò anche il secondo volume della stessa autrice. Per ultimo le ho comprato come diventare un esploratore del mondo di Keri Smith. Si tratta di un libro "vecchiotto" uscito nel 2011, sempre visto sugli scaffali delle librerie ma per una storia o per l'altra mai acquistato. Oggi sono felicissima di averlo fatto perché a mia figlia è piaciuto tantissimo. L'autrice, illustratrice, artista e blogger canadese ha realizzato una bellissima collana di libri sul genere e credo (anzi ne sono proprio sicura) che piano piano li comprerò tutti.

Ma veniamo a noi, dopo tanto tempo torna la Rassegna Stampa di Shabby Chic Interiors. Il mio ultimo acquisto è entrato alla velocità della luce tra i miei libri preferiti. Era da parecchio tempo che non compravo un libro di arredamento o comunque di decorazione per la casa, ma questo mi ha ispirato subito dalle prime pagine sfogliate. È un libro verde, ci sono immagini di piante e fiori, ma non è un libro di giardinaggio. È un libro pieno di idee e ispirazioni per arredare casa con piante e fiori. Botanical Style di Selina Lakeè una meraviglia. 

Selina scrive: "Il mio amore per la botanica è sbocciato in tenera età, quando ho ricevuto in dono una vecchia pressa di legno e sono stata incoraggiata a raccogliere fiori e foglie per usarli in composizioni artistiche. I miei genitori sono entrambi appassionati di giardinaggio, quindi ho trascorso gran parte dell'infanzia giocando con mia sorella in mezzo al verde o visitando parchi storici, vivai e mostre di fiori. Il mondo naturale è ancora una ricchissima fonte d'ispirazione per me - specie ora che sono una stylist - in ambito sia professionale sia domestico. Questo libro non tratta solo di piante da arredamento: è piuttosto una celebrazione di motivi, assetti e disegni ispirati alla botanica nel senso più ampio. Gli elementi di questo stile possono spaziare fra molteplici temi, e qui ho esplorato cinque differenti impostazioni

"La prima 'Botanico vintage', mostra come l'abbinamento di stampe disegnate a mano e fiori delicati crei un romantico look shabby chic. Per contro si può apprezzare l'atmosfera vivace di 'Botanico bohémien', con piante sospese e motivi floreali ispirati agli anni '70. Per un tocco più contemporaneo e urbano, in 'Botanico industriale' ho optato per un mix di metallo usurato, mattoni a vista e oggetti in vetro funzionali, mentre l'effetto glamour di 'Botanico tropicale'è dato da stampe esotiche con fronde marcate alternate a mobili retrò. Per ultimo, l'essenzialità di 'Botanico naturale', con nitidi fogliami e consistenze corpose"

Perché comprarlo? Amo questo libro (tra l'altro in lingua italiana lo avevo già detto?), e amo gli ambienti che Selina ha creato. L'autrice adora le arti creative e ha sparso qua e là i suoi "mini diy" e "tocchi di stile" che possiamo copiare per ricrearli nelle nostre abitazioni. Se penso che fino a un anno fa avevo solo una misera piantina in casa e mi consideravo una da "pollice nero", ovvero tutt'altro che pollice verde, mentre ora non vivrei senza le mie piantine e senza quel verde che in casa sta una meraviglia. Vi lascio al reportage fotografico del libro. Se vi piacciono le piante e amate i fiori, se vi piace decorare la vostra casa, non potete non amare questo volume. Consigliatissimo!

Photo by Sarah Tognetti

Italiane all'estero: Cinzia Gallastroni

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Benvenuti al settimo (di già?) appuntamento con la rubrica italiane all'estero. Oggi vi presento una viaggiatrice instancabile (è così che si definisce, anche se forse ha trovato il posto giusto dove fermarsi), adora il buon cibo, la fotografia, il mare, il sole, i vulcani e va matta per i mercatini locali. Ha un'anima nomade, si definisce randagia da sempre perché nel corso degli anni ha cambiato diverse città. È fiorentina di nascita ma ora vive in posticino che sono sicura in molti sognano di trasferircisi: Bali.

Ho conosciuto Cinzia Gallastroni e il suo blog Indonesia for you by Bru, attraverso il portale Donne che emigrano all'estero e la sua storia mi ha colpito fin da subito. È architetto e definisce la sua vita "precedente" come quella di tanti: casa, lavoro e mille sogni nel cassetto. Però ha sempre saputo che un giorno sarebbe andata via dall'Italia. La sua anima nomade non era mai abbastanza appagata, si sentiva irrequieta e innovativa al tempo stesso. Racconta: "Per me viaggiare significa arricchire la mente e il cuore, fa parte di me. Non amo i viaggi troppo frettolosi, non bramo il vedere sempre tutto, preferisco godermi piccoli momenti e mescolarmi alla popolazione locale. Smetterò solo il giorno che non proverò più stupore per ogni piccola cosa che incontro nel mio cammino". Con questa frase mi ha letteralmente rapita.

Cinzia di strada ne ha fatta. Ci separano da lei più di 11.000 chilometri e un fuso orario che in estate passa da 7 a 6 ore. L'Indonesia è magica ed è uno dei miei sogni nel cassetto. Mi ispira quel paesaggio selvaggio così diverso dal nostro. Lì la natura ti entra dentro per non parlare della cultura che mi affascina e mi incuriosisce in modo particolare. Leggendo gli articoli che scrive sia nel suo blog che nel portale Donne che emigrano all'estero, riesco quasi a essere in quei luoghi assieme a lei. Racconta che il viaggiare per lei è sempre stato il filo conduttore della sua vita. La sua voglia di vedere, capire e scoprire non l'ha mai abbandonata ed è anche l'unica cosa che non l'ha mai annoiata o delusa. L'unica che ha continuato a portare avanti fino a desiderare di farla diventare la sua futura attività. Pronti per un tuffo in Indonesia? Ecco la sua intervista.

In quale città del Pianeta hai deciso di trasferirti e per quale motivo hai scelto proprio quel posto?
Perché? Bella domanda. Perché ci s'innamora di una persona piuttosto che di un'altra? Difficile spiegare. Posso dire Chee ogni volta che ho toccato il suolo di questa terra, Bali, mi sentivo sempre a casa. Perché la trovo irresistibilmente unica sotto tutti gli aspetti.

Come ti sei preparata al trasferimento? È venuto qualcuno con te o sei andata sola?
Sono partita con Mauro, il mio pazzo compagno di vita. Decisione presa in pochi mesi, anche se erano anni che si parlava di scappare via. Abbiamo lavorato per mesi a questo progetto. Noi sempre impulsivi e sanguigni, per una volta abbiamo fatto le cose a piccoli passi valutando e soppesando ogni decisione. Pensavo di essere abbastanza carica e preparata alla nuova vita, mi chiedo se è possibile esserlo veramente. I primi tempi sono stati pesanti. 


Raccontaci un po' di te e del tuo compagno: com'era la vostra vita, come vi sentivate prima di partire, qual è stata la scintilla che vi ha fatto dire, ora partiamo?
La nostra non è certo stata una brutta vita. Abbiamo sempre cercato di fare quello che più ci piaceva rinunciando volentieri alle cose e mettendo tutti i nostri risparmi nel nostro sogni, in quel grande meraviglioso imbuto che si chiama viaggio. Nel programmare i viaggi, la sfida era sempre la stessa: andiamo dove ci piace spendendo il meno possibile. Eh sì, viaggiare, questa grande e potente magia che ti entra dentro sempre di più. La nostra precedente vita non era né bella né avventurosa come i nostri viaggi, anzi era abbastanza piatta e ripetitiva: uscivamo da casa al mattino presto per tornare la sera tardi. Sempre di corsa, sempre la stessa routine, nell'attesa della tanto sognata futura fuga dalla realtà. Fuga che iniziavamo a programmare ancora prima di ritornare a casa da quella in corso (ogni viaggiatore sa di osa parlo!). Il lavoro ci permetteva di fare una discreta vita senza difficoltà economiche, ma quello che facevamo non ci piaceva per nulla. Noi due, entrambi artisti nell'anima, soffrivamo nel fare un anonimo lavoro di ufficio che non regalava mai un emozione, una soddisfazione. Una serie di eventi ci hanno fatto capire che non era così che volevamo continuare a vivere. Ci piace dare colpa alla pazzia, alla sfrontatezza e originalità, che forse solo gli artisti e i viaggiatori hanno, ma il fatto è che era l'ora di mettere la parola fine a quella vita e iniziarne una nuova.

Qual ì stato il pensiero delle persone che frequentavate dopo essere informati del vostro progetto di partire?
Tutti quelli con cui abbiamo parlato della nostra scelta ci hanno detto le stesse cose: che bello, beati voi, avete fatto bene, che scelta meravigliosa. Io mi chiedo, in quanti lo pensano veramente? Pochissime persone hanno avuto il coraggio di dire, ma siete matti? Avete lasciato ogni certezza per una vita da sballati chissà dove. Il fatto è che di quello che pensa la gente non ci è mai importato granché, siamo sempre andati controcorrente sfidando i benpensanti e l'ipocrisia, però ci sarebbe piaciuto poter avere un dibattito e provare a spiegare la nostra idea, il nostro modo di vedere le cose. Quello di cui siamo certi è l'affetto e la vicinanza dei nostri familiari e amici, quelli veri che sono e saranno con noi per sempre. Non ci importava lasciare la nostra casa, la nostra terra, le nostre abitudini. Tutto si può ricostruire, comprare e imparare.

Come descriveresti l'Indonesia?
L'Indonesia è considerata un Paese transcontinentale appartenente all'Asia e all'Oceania, in quanto ha isole che si trovano ai due lati della linea di Wallace, quindi non c'è da stupirsi della grande diversità delle sue terre. Viaggiare in Indonesia vuol dire una cosa sola: non ne vedrete mai abbastanza! Bali è solo un puntino in questo immenso arcipelago poco più grande della Liguria. Fa parte delle isole della Senza ed è l'unica induista del Paese con usi, costumi e usanze che solo i balinesi hanno. Pensate che i balinesi per distinguersi da tutti gli altri indonesiani adottano un sistema di nomi che proviene da regole antichissime: il primo figlio si chiama Wayan, il secondo Made, il terzo Nyoman e il quarto Ketut. Se il numero di figli è maggiore di quattro si ripete tutto dall'inizio. Potrei definirla la "Santorini dell'Indonesia": famosa, bella, unica, snob, varia, ricca e turistica.   


Burocraticamente parlando Bali l'hai trovata molto diversa dall'Italia?
Qua si fanno file di ore per tutto, documenti per tutto e le regole cambiano di continuo. Direi praticamente un gemellaggio con l'Italia.

Che tipo di rapporto hanno i balinesi con il lavoro?
Anche se alla loro maniera lavoro sodo, da tenere presente che Bali è forse l'isola del mondo con il più alto numero di feste in un anno, quasi tutte imperdibili per un balinese! E poi c'è caldo e non esiste la fretta.

Pensi che un lavoro creativo sia concepito alla stessa maniera a Bali che in Italia?
Basta andare in giro per l'isola e si respira arte, abili artigiani che lavorano legno, vetro, metallo, bambù, argento, bigiotteria, pietre e fantastiche stoffe. È una vera miniera e un grande stimolo per un artista, ma sicuramente un lavoro creativo qua è concepito in maniera molto diversa.

Ci racconti la tua esperienza lavorativa a Bali?
Ancora non ho un vero lavoro, molte idee, tantissimi progetti che sto portando avanti. Varie strade tra cui il turismo, l'arte, la moda... vediamo quale sarà la mia. Non mi meraviglierei se ne seguissi anche più di una o alla fine nessuna. 

Qual è stato il momento più bello che hai vissuto in quel Paese?
Di momenti belli ne ho vissuti molti, ne ricordo uno che mi ha fatto venire le lacrime agli occhi: mi sono ritrovata sola in una spiaggia, davanti l'oceano e le sue onde immense, mi sono sentita piccola, indifesa e immensamente felice.

E lavorativamente parlando qual è stato il lavoro più gratificante e speciale?
Acquistare, progettare, ristrutturare, trasformare e arredare una vecchia abitazione hindu, adesso sono un piacevole mix di oriente e occidente. Ha molto di me: cuscini cuciti con stoffe comperate nei mercatini, keban come porta oggetti, i miei quadri appesi ai muri... Ne sto ristrutturando una seconda (questa volta non mia) e la cosa mi piace molto. Penso proprio che non mi fermerò qui.

Se ti chiedessi di descrivere con tre parole positive e tre parole negative (se ce ne sono ovviamente) la tua vita a Bali quali sceglieresti?
Aria aperta, libertà, sole e mare quelle positive. Quella negativa: nostalgia, una sola ma che vale per tutte.

Photo by Cinzia Gallastroni

Consigli per la camera di un ragazzo

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Oggi voglio parlare di camere da letto, camere per ragazzi e ragazze perché le idee che vi propongo possono andare bene per entrambi. CasaFacile ha chiesto a me e ad altre colleghe blogger qualche consiglio su come arredare una cameretta ed io mi sono immaginata un ragazzo dai gusti contemporanei, interessato all'arredamento della sua stanza e alla funzionalità dei mobili. Giuro, questi ragazzi esistono, mio cugino ne è un esempio lampante. A lui non interessano videogiochi, a lui piace studiare, viaggiare e stare con gli amici. Gli piace starsene in camera ad ascoltare musica e ama l'ordine ma non ama mettere in ordine ragion per cui ho scelto mobili capienti, estremamente funzionali e adatti a un pubblico giovane.

I toni che ho scelto per questo ambiente sono delicati: legno chiaro, sabbia, bianco e alcune sfumature del blu. Il blu è un colore che regala serenità e indicato per una camera da letto, il bianco è capace di rendere luminoso ogni ambiente. Il legno chiaro e il colore sabbia conferiscono eleganza e quel pizzico di contemporaneità che non guasta mai.

Partiamo subito con un pezzo forte, il guardaroba (1). Per scegliere con criterio dobbiamo subito porci una domanda: nostro figlio possiede molti vestiti? È disordinato o meticoloso nel riporre i propri oggetti al loro posto? Ma soprattutto quanto spazio abbiamo a disposizione? L’armadio Moretti Compact viene incontro alle esigenze di tutti. Varie misure tra cui scegliere, ante scorrevoli e interni studiati salvaspazio. Il design pulito lo renderà un pezzo intramontabile nella nostra casa.

Il comodino (3) in bianco e legno di quercia e il letto imbottito (2) color sabbia dalle linee eleganti – entrambi di John Lewis– sembrano realizzati apposta per abbinarsi perfettamente al guardaroba. Volete personalizzare un comodino o un comò  cambiando i pomelli (11)? Su Anthropologie ne trovate tantissimi, ognuno che si differenzia per la sua originalità. Ce ne sono in ceramica, in legno, in metallo, se vogliamo sbizzarrirci qui possiamo farlo. Lo specchio (12) è anch’esso di Anthropologie.


Diciamo la verità, le righe ci hanno messo a perdere. Personalmente sono innamorata delle righe e non conto più quante maglie e magliette rigate possiedo. Anche il letto possiamo vestirlo a righe, questo set lenzuola (5) lo si può trovare su Toast, a me fa impazzire. Cercate qualcosa di particolare che arredi e contemporaneamente abbia una sua funzionalità? Le insegne luminose (6) di Made sono perfette per decorare una parete o un angolo della stanza. Appese o posate a terra, regaleranno quel tocco di originalità in più.

L’angolo studio non può mancare ed è bene scegliere con cura i mobili che lo compongono. La sedia  (7) color sabbia di Moretti Compact, protegge la schiena e grazie ai braccioli e alle rotelle, lo studio diventa più divertente. La scrivania (8) invece è di Smallable, l’ho scelta piena di cassetti che possano contenere tanto materiale scolastico e non solo: la sua prima lettera d’amore potrebbe scriverla proprio seduto qui. Anche la lampada (9) blu, unico tono più deciso dell’ambiente è di Smallable, mentre l’orologio (10) color sabbia è di Lions Home.

Per ultimo, ma non meno importante ho pensato alle pareti. Lechler, leader mondiale di pitture (13) ha la risposta ai nostri problemi. Grazie a Color Trainerè facilissimo visualizzare il lavoro finito ancora prima di cominciare. Andate sul sito nell’area dedicata, caricate la foto del vostro ambiente e create il vostro progetto colore. La texture di queste pitture vi sorprenderanno regalandovi esperienze tattili e visive uniche. Colorate solamente una parete, io di solito consiglio quella a cui è appoggiato il letto oppure se avete una ragazza a cui piacciono le carte da parati (4), proponetele di rivestirla con una tappezzeria speciale, questa in foto è di Cabbages & Roses.

Arredare una camera non è mai stato così divertente!


Italiane all'estero: Elena Zauli

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Buon venerdì amici e bentornati all'ottavo appuntamento con la rubrica italiane all'estero. In queste settimane, attraverso questa che ho voluto far diventare una rubrica, ho conosciuto tante persone. Tante persone di estrazioni differenti che però hanno avuto una cosa in comune: essere scappati dall'Italia. Ho scritto scappati perché questo verbo racchiude in sé il giusto significato. Scappare: allontanarsi in fretta, fuggire. Fuoriuscire che è quello che hanno fatto le sette donne finora intervistate, otto con Elena Zauli di Yummy Mom, blogger, mamma di due splendidi maschietti, e moglie. Lavora nel campo della psicologia e della comunicazione e a Ibiza, dove vive, organizza eventi. 

Le piace il mare, le lunghe dormite e la grande bellezza delle piccole cose. Elena racconta: "Vivere a Ibiza è un'esperienza particolare: i colori della natura ti esplodono in faccia; il cielo; le nuvole; gli alberi e il mare secondo me brillano di una luce speciale. A volte mi sembra di essere in un posto magico. Io ero una che amava fortemente il cemento e si sentiva rassicurata dal traffico e della vita frenetica. Qui a Ibiza ho rivisto il concetto di qualità della vita e per questo le sono grata". Sul suo blog scrive di famiglia, di viaggi, di Ibiza naturalmente, di lavoro e di come conciliare tutto questo con dei figli. Mettetevi comodi a leggere la sua intervista. 

In quale città del Pianeta hai deciso di trasferirti e per quale motivo hai scelto proprio quel posto?
Abbiamo scelto Ibiza dopo diversi sopralluoghi e riflessioni. Ci è piaciuta perché è un posto internazionale, infatti a differenza di altri luoghi non ti senti lo straniero proprio perché sono tutti stranieri. C'è un bel clima, è vicina all'Italia sia geograficamente che culturalmente e ovviamente per le possibilità di lavoro. Nonostante la crisi, Ibiza è un'isola in crescita dal punto di vista economico. 

Sei partita assieme a tuo marito o lui è partito prima di te?
Lui è partito prima, esattamente il giorno in cui ho scoperto di essere incinta! Io l'ho raggiunto dopo la nascita del mio secondo figlio. La cosa più strana è che a Ibiza all'inizio non ci volevo nemmeno venire e i primi mesi ero disperata perché pensavo di aver lasciato l'amore della mia vita: Milano e tutte le sue opportunità. La verità è che ogni posto offre qualcosa. Quando la mia testa ha fatto questo click ho iniziato ad apprezzare quello che quest'isola offre. 

Come ti sei preparata psicologicamente al trasferimento?
A dire il vero non mi sono preparata psicologicamente (a parte gli scatoloni del trasloco), perché in quel momento la mia mente era più impegnata sul versante mamma.


Cosa vorresti dire a chi pensa di trasferirsi sull'isola?
Molte persone vengono a Ibiza pensando di trovare l'America, o meglio ancora, il paese dei balocchi. Non voglio fare la ramanzina su quanto ogni cosa nella vita preveda sacrificio, impegno e fatica perché quello dovrebbero avervelo detto più volte i vostri genitori e quindi presumo che lo sappiate. Ma un trasferimento a Ibiza è complicato. Noi abbiamo fatto perlustrazioni per anni prima di traslocare e aprire un'attività. Qui a Ibiza, su dieci attività aperte a maggio, cinque non arrivano a settembre. Le altre cinque ci arrivano, ma solo una riapre l'anno successivo. Sembra un mercato facile ma non lo è. Molti vengono a lavorare a Ibiza pensando di fare la bella vita, poi si rendono conto che devono spaccarsi la schiena e che avere un posto dove si lavora poco e si guadagna tanto non esiste. Inoltre se non si ha un permesso per l'attività che state volgendo, non solo vi faranno una multa, ma vi faranno anche chiudere il giorno stesso e potrebbero anche fare in modo che voi, altre attività sull'isola non ne possiate più svolgere per diversi anni. Non si scherza qua. Lavorare a Ibiza significa avere a che fare con persone di tutto il mondo e di tutti i tipi quindi è molto probabile incontrare, oltre a persone meravigliose, individui che cercheranno di tirarvi qualche bidone. Spesso si pensa che fuori dall'Italia i problemi svaniscano ma non è proprio così. Ibiza o la ami o scappi. Non ci sono mezze misure. Ogni posto ha i suoi pro e i suoi contro, non credo esista la patria perfetta. 

Da diversi anni vivi in Spagna, ci descriveresti Ibiza attraverso i tuoi occhi?
Ibiza non è democratica. O la ami e ci ritorni o non la vuoi più vedere. Io con quest'isola, su cui aleggiano diversi miti e leggende, ho un rapporto conflittuale. Passo periodi di grande amore, a periodi di forte insofferenza in cui vorrei essere altrove. Fuori stagione secondo me si può solo amare. Da metà ottobre inizia la stagione invernale, la vera vita isolana. Vivere a Ibiza in inverno significa inventarsi le giornate che con due figli non è molto difficile. Se vivi in una grande città sei bombardato da inviti/eventi/cose che non riesci mai a fare. A Ibiza devi cercare, scoprire e crearti le giornate. È un procedimento inverso che sovverte lo stile di vita. E forse è anche più sano e creativo o forse solo differente. Scoprendo quest'isola ho imparato ad amarla. Ibiza ha i suoi centri: caldi, abitati e vivi. Ha dei negozietti unici e dei ristoranti sperduti con viste mozzafiato. Per essere davvero apprezzata va scoperta nella sua essenza.

Com'è vivere a Ibiza?
È una domanda che mi viene spesso posta e a volte non so cosa rispondere. Nell'immaginario collettivo, Ibiza è un posto di vacanza e al di là delle attività che si svolgono in villeggiatura le persone pensano non ci sia nulla da fare. In realtà qua c'è tutto e banalmente, sotto tanti aspetti è un posto come un altro. Certo se paragonata a Milano e ai suoi mille eventi, Ibiza risulta un po' desolata e noiosa (soprattutto durante l'inverno), ma nella bella stagione, trasmette una bellissima energia. A Ibiza la natura è prorompente e anche se non tu non vuoi, lei entra a far parte della tua vita. Fuori stagione, in prossimità dell'estate, secondo me la si può solo amare.

Tu però ti dividi tra due città: Ibiza e Milano. 
Dicono che certi amori fanno dei giri immensi e poi ritornano. Io dico che anche la vita ti fa fare dei giri strani. Dopo dieci anni di amore con Milano e uno passato tra New York e il Messico - un po' per amore un po' per lavoro - attualmente vivo tra l'Italia e Ibiza dove divido la mia casa e il mio cuore con tre maschi. Ogni volta però che torno a Milano mi chiedo come si faccia a vivere in questa città. Sempre. Per carità Milano è bellissima, è affascinante, è viva ed è l'unica città d'Italia che ancora permette, ma non sempre mantiene. Milano è faticosa. Lo smog che si respira è incredibile. Ogni volta che scendo dall'aereo e respiro a pieni polmoni mi viene un blocco respiratorio. Dopo mezza giornata sento la pelle del viso che tira. Hai voglia a darti il siero per il viso e la protezione totale. A Milano bisognerebbe girare con la maschera di Stars Wars per proteggere la pelle! Per niente incontro gente che vive in perenne rincorsa di non si capisce cosa, in perenne esaurimento, piena di lavori, progetti e cose da fare, ma sempre senza un soldo. E allora se uno deve vivere con l'acqua alla gola mi chiedo, perché?


E quando torni a Ibiza d'inverno ti rigeneri.
Vivere qui in inverno è come essere in una bolla fuori dal mondo, ed in parte lo sei davvero visto che per tornare in Italia devi fare almeno uno scalo aereo. Ibiza in inverno è catartica. Il vuoto unito alla natura ti mette in contatto con te stessa, come se fossi in un lungo ritiro spirituale. L'inverno a Ibiza è terapeutico, sia positivo che in negativo: se hai dei demoni interiori questi verranno a trovarti, magari è la volta che riesci a farci amicizia. Vivere sull'isola in quel periodo è come viaggiare stando ferma. Conosci persone provenienti da tutto il mondo. Alcune vivono qui altre sono in continuo transito. Tutte hanno storie originali, bizzarre e fuori dal comune.

Qual è stato il momento più bello che hai vissuto in Spagna?
Il mio matrimonio sulla spiaggia. Ma è stato anche abbastanza stressante perché fino a pochi minuti prima della cerimonia ha piovuto.

E lavorativamente parlando  qual è stato il lavoro più gratificante?
Un video che ho girato a Ibiza per una casa di cosmetici italiana. Spero ce ne saranno altri.

Ci racconti la tua esperienza lavorativa a Ibiza?
Inizialmente ho lavorato con il blog quindi ho lavorato con l'Italia, ora sto iniziando una nuova avventura negli eventi. Diciamo che sull'isola ci sono tante persone che si improvvisano nel lavoro quindi se sai essere puntuale e professionale, sicuramente puoi lavorare molto perché Ibiza nella sua meravigliosa stravaganza manca a volte di professionalità.

Che tipo di rapporto hanno gli spagnoli con il lavoro?
Ibiza è un territorio un po' particolare perché ci sono tanti stranieri che lavorano ed è abbastanza difficile definire il rapporto degli spagnoli con il lavoro. Diciamo che molti sono aperti agli stranieri che vengono sull'isola per lavorare, ma altri si sentono quasi invasi e non sono molto ospitali. Per fortuna questi ultimi sono una netta minoranza. Il lavoro qui è prettamente stagionale e turistico: si lavora come dei pazzi tutta l'estate e a ritmo sostenuto buona parte della primavera e dell'autunno. D'inverno i più fortunati (o quelli che hanno guadagnato di più) vanno in vacanza.

Burocraticamente parlando la Spagna l'hai trovata molto diversa dall'Italia?
Non tantissimo, un po' più semplice dell'Italia e tasse più basse. Ci sono regole da rispettare e se non le rispetti vieni subito multato. Ho visto tanti locali chiudere perché non avevano i permessi e pensavano di poter fare un po' come volevano. Su questo sono molto rigidi. 

Pensi che un lavoro creativo sia concepito alla stessa maniera in Spagna che in Italia?
Ibiza è il luogo dove ho visto le persone più bizzarre e creative di questo mondo: artisti, musicisti, scrittori, hippy... Qui la gente ha proprio un modo creativo di vivere.

Se ti chiedessi di descrivere con tre parole positive e tre parole negative la tua vita a Ibiza quali sceglieresti?
A volte mi sento un po' come Alice nel Paese delle meraviglie. A volte è assurdo, a volte divertente. A volte è un po' alienante. 

Photo by Elena Zauli

Italiane all'estero: Katia Terreni

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Buongiorno amici, innanzi tutto vi chiedo scusa se questa settimana sono sparita dal web, ma ho avuto qualche problemino, problemino che si è risolto con un po' di pazienza e riposo, ora sono più in forma che mai. Bando alle ciance, quest'oggi siamo al penultimo appuntamento con la rubrica italiane all'estero e so già che mi mancherà da morire in futuro. Cosa ne dite, la faccio proseguire in autunno/inverno con altre interviste? Occhi che se mi date il "la"posso farmi prendere la mano e trasformare questo blog in un blog di expat non più di interior! ;) A parte gli scherzi, fatemi sapere se vi può far piacere che questa rubrica prosegui. 

L'intervistata di oggi si chiama Katia Terreni ed è una donna dalle mille qualità: forte, decisa, pragmatica ed entusiasta. Conoscerla, anche se solo attraverso il computer, è stato illuminante. Il suo blog, Donne che Emigrano all'Estero, è un punto di riferimento per tutte le expat e dal 2014 è diventato anche libro (lo potete trovare su Amazon e tutti gli introiti saranno devoluti in beneficienza). Katia è nata a Grosseto ma ha abitato in tantissimi posti: Jamaica, Londra, Stati Uniti, Berlino solo per citarne alcuni, ma il "vero espatrio", come lo chiama lei, lo ha fatto alle Seychelles nel 2007. 

È partita perché non ne poteva più dell'Italia e del fatto che a quarant'anni non riusciva a fare carriera. Sarebbe andata ovunque, ma è capitata alle Seychelles dove è riuscita a realizzare il suo sogno e ora è direttrice di uno dei resort più importanti dell'Isola: Denis Island. Ha aperto un blog, ha scritto un libro, ha perfino lavorato come pittrice per qualche anno, il Visual e la comunicazione visiva sono sempre state sue grandi passioni, come posso non adorare questa donna? Mettetevi comodi amici e lasciatevi trasportare dal racconto di Katia, ecco la sua intervista.

Nella tua vita hai viaggiato e vissuto in tanti Paesi, dove abiti ora?
Da circa dieci anni abito alle Seychelles. Non ho mai programmato di venire a vivere su queste isole. Diciamo che ad un certo punto della mia vita, le Seychelles hanno scelto me! Questo è accaduto nel 2007, quando il Saturno cosmico attraversava il Saturno sulla mia carta astrale. In astrologia si tratta di un momento critico in cui vengono compiute scelte importanti, talvolta sofferte, che portano però a solidi sviluppi futuri.

Tra tutti i posti in cui hai abitato in quale ti sei trovata meglio e perché?
Dove vivo adesso mi trovo molto bene: il lavoro mi piace, il clima e la cucina creola sono ottimi, i paesaggi sono mozzafiato e la natura è, ancora oggi, davvero incontaminata. La mattina mi sveglio e solo un minuto di cammino sono al lavoro senza dover combattere nel traffico cittadino. Strada facendo incontro la tartaruga gigante che vive libera in giardino, vedo l'albero di frangipane in fiore e ascolto il cinguettio degli uccellini. Secondo me la qualità della vita alle Seychelles è eccellente.
Ho abitato anche ai Caraibi, in Jamaica molti anni fa. Lì insegnavo italiano ai figli di una famiglia giamaicana ricca. È stata un'esperienza altamente formativa in quanto per la prima volta mi affacciavo ad una realtà culturale totalmente diversa da quella italiana. Inoltre avevo la fortuna di viverla da una posizione privilegiata, trovandomi all'interno di una famiglia del posto. Questo mi ha permesso di vedere certe sfumature che, se si visitano i luoghi solo da turisti, non si colgono. Per esempio osservai la grande importanza che veniva data al colore della pelle nella società jamaicana. Più la pelle era scura e meno possibilità esistevano per poter compiere una scalata sociale, ma questo è un aspetto che ho riscontrato anche qui alle Seychelles, benché in una forma assai più velata.
Ho vissuto un periodo di alcuni mesi negli Stati Uniti, dove sono stata ospite di una coppia di artisti di Washington. Con loro mi sono dedicata alla produzione di molti articoli di artigianato tipo tappeti, bigiotteria ed anche al restyling di vecchi mobili. In America l'artigianato è considerato una vera e propria forma di arte, viene apprezzato nella giusta misura ed ha un un buon mercato di riferimento. Furono mesi molto eccitanti e ricchi sotto un profilo artistico culturale. Visitai anche New Work, Boston ed il Messico. Fu durante il mio viaggio in Messico che scoprii Frida Khalo e rimasi folgorata dalla sua vita sia di donna sia di artista. Quando tornai in Europa mi dedicai alla produzione di bigiotteria in creta, pelle e pietre semipreziose ispirata all'arte azteca. 
Naturalmente conosco un po' anche l'Europa, in particolare ho soggiornato nella città di Londra e Berlino. Berlino è un luogo che ho scoperto dieci anni fa e me ne sono subito innamorata. Infatti ci sono tornata per un breve periodo nel 2016 prima di rientrare alle Seychelles. È una città differente da tutte le altre in cui ho visitato finora. Mi sembra quasi una non-città, dove ognuno può portare avanti lo stile di vita che più desidera. A Berlino si respira un'aria speciale, fatta di arte, di avanguardia, di cinema, di moda ed è il luogo perfetto per una start-up. Inoltre presenta un mercato immobiliare molto interessante, benché nell'ultimo periodo le cose stiano un po' cambiando.


La Repubblica delle Seychelles e l'Italia sono molto differenti culturalmente parlando, ma sul piano imprenditoriale quali sono le differenze maggiori?
In Italia la pressione fiscale è insostenibile. Gli imprenditori non hanno margine. Alle Seychelles invece sembra di vivere in pieno boom economico italiano anni '60. Ogni mese sorge un nuovo hotel, un nuovo centro benessere, un nuovo servizio o un nuovo centro commerciale. Sono molti gli stranieri che vogliono trasferirsi qui ed aprire un business. Ricordo a tutti che non è però così facile e scontato come si potrebbe pensare. Alle Seychelles sono molto rigidi con gli stranieri che vengono ad investire nei vari campi: agricoltura, import-export e soprattutto nel settore turistico. I capitali devono essere consistenti e la società deve sempre prevedere un socio seychellese. Ho conosciuto una famiglia francese che si è trasferita qualche anno fa ed ha aperto una gelateria a Eden Island, un'isola artificiale destinata ai ricchi visitatori e agli abitanti stranieri delle Seychelles. Sono molto felici della scelta, i figli possono frequentare la scuola internazionale di Mahe, apprendere diverse lingue e potranno scegliere un giorno di frequentare un'università in Australia piuttosto che a Singapore. C'è anche una famiglia italiana che ha aperto una caffetteria a Mahe dove fanno pasta al forno, torte salate, tiramisù, gelato, cannoli e naturalmente il perfetto caffè "espresso" italiano! Anche loro si sono trovati benissimo e non hanno alcuna intenzione di rientrare in Italia. Se capitate alle Seychelles andateli a trovare in Market Strett!
(Chi desiderasse informazioni specifiche per fare business alle Seychelles può rivolgersi al SIBA che è l'International Business Authority del Governo locale).

Alle Seychelles sei riuscita a fare carriera: sei partita da Capo-ricevimento poi sei diventata Vicedirettrice per finire direttrice di uno dei top resort più belli dell'Isola, ci racconti la tua esperienza? Secondo te perché in Italia non è stato possibile fare carriera?
Sono capitata qui quasi per caso. Ero stufa della situazione italiana: un Master in Turismo e lavoravo da anni come semplice Receptionist in un albergo senza possibilità di crescita professionale. Ad un certo punto ho stilato un CV in inglese ed ho cominciato ad inviarlo ovunque. Non mi importava in quale parte di mondo sarei finita, mi importava solo di trovare una situazione lavorativa migliore e con una prospettiva di avanzamento di carriera. Il caso ha voluto che risultassi idonea per una posizione alle Seychelles. Che dire, oltre al lavoro avevo trovato anche un luogo da favola! In Italia non si fa carriera perché il sistema è incancrenito. Non conta quanto sei bravo o quanto sei interessato al tuo campo, contano altre cose come le amicizie, le conoscenze o l'età che preveda degli sgravi fiscali per l'assunzione, tutti elementi che esulano dalla logica del benessere aziendale. Per questo il vecchio stivale non riesce a tenere il passo. Con questo non dico che possano esistere delle eccezioni, ma ho conosciuto troppe persone che hanno subito degli scacchi funesti e che sono finite in crisi depressiva a causa del lavoro. Io non volevo fare quella fine.

Quali tipologie di lavoro offre l'Isola?
Offre lavoro nel turismo naturalmente. Qui l'industria turistica è in piena espansione. Personalmente non sono felice di questo perché se dieci anni fa andavo una giornata a La Digue e potevo pedalare in santa pace tutto il giorno (La Digue è un'isola che si visita in bicicletta), oggi ci sono orde di turisti che ingombrano le strade insieme a taxi strombazzanti e camioncini di ogni sorta. Questi ultimi erano del tutto assenti in passato e sembrava di approdare davvero su un'isola di altri tempi. C'erano le donne che i grandi cappelli di paglia che camminavano per le strade, il pescivendolo con la sua mercanzia appena pescata che la mostrava scalzo lungo i marciapiedi, i seychellesi indolenti seduti ai bordi del mare e nei negozietti si trovavano le marmellate locali di banana e papaya confezionate dalle massaie dell'isola. Ecco, oggi tutto questo - e in soli dieci anni - è quasi sparito. Tuttavia per tornare alla tua domanda, con il turismo che si espande cresce anche la ricerca di personale da assumere. Di solito gli stranieri vengono ricercati per la loro professionalità - che sulle isole è carente - e nel campo specifico del turismo possono trovare impiego come manager di medio-alto livello o anche come caposervizio. Attenzione però: gli europei non sono gli unici stranieri lavoratori sulle isole. Per mansioni non troppo qualificate c'è un vasto bacino di manodopera da cui attingere come il bacino asiatico, in particolare modo l'India, le Filippine e lo Sri Lanka. Il personale proveniente da questi paesi ha dei costi molto contenuti ed è quindi preferibile ad una risorsa europea le cui aspettative economiche sono più alte. Dovessi consigliare a qualcuno di proporsi per un lavoro alle Seychelles nel settore turistico direi di considerare solo posizioni come capo-ricevimento, direttore, vicedirettore, operation manager e simili. Ho scritto un post esauriente al riguardo di cui lascio volentieri il link. Come requisiti di base sono necessarie le due lingue parlate in loco: il francese e l'inglese. Purtroppo non sono molto informata su altre possibilità di lavoro su queste isole. Conosco qualche italiana che insegna nella International School, mentre tutti gli altri hanno in genere aperto un business.


Che tipo di rapporto hanno i seychellesi con il lavoro?
Ai seychellesi, in generale, il lavoro non piace. Questo dato di fatto deriva dalla loro cultura e tradizione isolana. Le Seychelles sono state isole disabitate fino all'inizio del 1700 e la popolazione è un miscuglio di razze che si è trovata a vivere in mezzo all'Oceano Indiano tagliata fuori dai contatti con il resto del mondo per un periodo molto lungo. La prima comunità di europei era formata da un esiguo gruppo di francesi che si stabilì sull'isola di St. Anne, vicino a Mahe. Poiché erano stati assegnati loro dei terreni da coltivare, in prevalenza coltivazioni di palme da cocco da cui estrarre la copra (la copra è una polpa essiccata del cocco da cui si estraggono grassi e oli), servivano degli schiavi-lavoratori che furono importati dalle regioni del continente africano. Quando più tardi la schiavitù, in diverse parti del mondo, fu abolita, molte navi abbandonarono gli ex-schiavi provenienti da vari paesi anche su queste isole. Inoltre già dal 1800 in poi, ci furono delle ondate migratorie dall'India e dalla Cina. Tutt'oggi esiste una comunità indiana molto forte, dedita al commercio, che negli ultimi decenni si sta infiltrando anche nel settore governativo del paese. La popolazione creola risultata dal miscuglio di queste razze ha vissuto per lunghi periodi in un'economia di quasi sussistenza, dedicandosi alla pesca, all'ozio e alla danza. Il lavoro non è mai stato inteso alla maniera moderna occidentale su queste isole. Qui la vita privata è di gran lunga più importante della vita professionale. Capita che una persona si dedichi ad un lavoro per qualche anno e poi cambi professione in maniera repentina, magari senza qualificarsi adeguatamente. Le assenze ingiustificate dal lavoro sono all'ordine del giorno e la mancanza cronica di personale fa sì che le aziende, talvolta, debbano chiudere un occhio su questi aspetti che altrove sarebbero motivo di lettere di richiamo o di veri e propri licenziamenti.

Qual è stato il momento più bello che hai vissuto in quel Paese?
Io sono venuta qui per lavorare quindi il momento più bello è stato quando ho ottenuto il posto di direttrice in un top resort da urlo! Non è stato facile, le trattative sono andate avanti oltre otto mesi, ma avevo l'obiettivo chiaro nella mente e ho applicato, in maniera naturale e senza sforzo, la tattica zen dell'arco che vede la freccia già centrata sul bersaglio. Proprio così, fin dall'inizio ho vissuto tutti i colloqui e tutte le trafile burocratiche come meri rallentamenti al raggiungimento di un obiettivo che dentro di me era già raggiunto. Io mi vedevo già lì, non ho mai avuto esitazioni al riguardo.

Oltre al lavoro da direttrice sei blogger e autrice di Donne che Emigrano all'Estero, punto di riferimento per tutte le expat che "scappano" dall'Italia. Quando ti è venuta l'idea di aprire questo blog e perché?
Mi è venuta nel 2013. Tengo a precisare che mi sono iscritta a Facebook nel 2009 e che sono stata totalmente impedita con la tecnologia fino a quel momento. Vivendo isolata, ad un certo punto ho sentito il bisogno di mettermi in comunicazione con altre donne che facevano la mia stessa esperienza all'estero. Così ho aperto una pagina FB e ho iniziato a lanciare appelli. Con mia grande sorpresa si sono fatte avanti molte donne e da allora non mi sono più fermata! Nel 2014 è nato il blog e nello stesso anno è uscito il nostro libro che raccoglie, in firma cartacea e digitale, le nostre storie rielaborate e strutturate in forma di antologia. Donne che Emigrano all'Estero è nato come contenitore di racconti di donne che si erano trasferite altrove, ma nel tempo è diventato qualcosa di più. Oggi per esempio ospita rubriche gestite da professioniste che si occupano di recensioni libri, supporto psicologico per expat, bilinguismo e di recente anche di astrocartografia. Quest'ultima è stata una scelta coraggiosa perché l'astrologia applicata alla geografia, come approccio non scientifico ad una materia che esercita un certo fascino, poteva scatenare molte polemiche. Tuttavia mi sono fatta fare la mia astrocarta personale e indovinate un po'? Risulta che le mie linee del Sole e di Saturno passino proprio vicino alle Isole Seychelles! Questo significa che in questo luogo le facoltà mentali e comunicative sono esaltate al massimo e dunque in quale altro luogo poteva nascere e svilupparsi un progetto che ha lo scopo di mettere in comunicazione donne da tutto il mondo?

Come poco fa ci hai raccontato, Donne che Emigrano all'Estero non è solo un blog, ma è anche un libro. Trantaquattro italiane emigrate in ogni angolo del mondo si raccontano regalando una sferzata di energia per tutti coloro che vorrebbero partire, ma che ancora non lo hanno fatto. Ci racconti com'è nato e quale significato ha avuto per te realizzarlo?
Io amo i libri. Sono sempre stata una lettrice famelica. Le nostre storie erano belle, ben scritte e appassionanti. Ogni volta che tornavo in Italia avevo l'impressione che una cappa di pessimismo e di immobilismo avvolgesse anche chi magari aveva le carte in regola per potersi aspettare qualcosa di più dalla vita. Così ho pensato che un libro destinato al pubblico di donne italiane in gamba, ma oppresse dall'energia negativa che vige in Italia, potesse essere un valido sostegno ed un motivo di ispirazione per iniziare a muoversi nella direzione giusta. Il nostro libro si propone come un manuale di coach emozionale all'espatrio declinato al femminile. Fornisce spunti, consigli, motivazioni per decidere di espatriare se lo si desidera. Il libro è stato molto ben accolto, su Amazon abbiamo già 24 recensioni positive e fiore dell'occhiello, anche l'Huffington Post ci ha dedicato un articolo! Infine questo libro non ha fini di lucro. Abbiamo devoluto gli incassi ad AiBi, amici dei bambini, fino a luglio 2016 mentre adesso stiamo devolvendo gli introiti a DiRe, donne in rete contro la violenza.

Se una famiglia volesse trasferirsi alle Seychelles, cosa consiglieresti loro?
Di pensarci bene, di informarsi bene. Troppe volte si pensa che l'espatrio sia una passeggiata. Solo una volta all'estero ci si rende conto che le problematiche da affrontare sono molte di più rispetto a quelle che avevamo previsto in patria mentre se ne discuteva comodamente seduti sul divano. Espatriare significa uscire dalla zona tranquilla dove siamo sempre vissuti e le novità all'inizio possono essere scioccanti. Non parlo solo della lingua o delle culture diverse, mi riferisco anche a fattori che non si prendono quasi mai nella giusta considerazione come il clima, tanto per citarne uno. Qui per esempio, si deve considerare che è sempre estate, che le stagioni variano al variare dei monsoni, che il tasso di umidità è molto alto e che se si soffre, per ipotesi, di asma, questa potrebbe acuirsi in un clima umido e pesante. Una famiglia poi deve pensare al futuro dei propri figli e sul dove mandarli a scuola. Quasi tutti i figli di espatriati vanno all'International School e si relazionano con studenti da tutto il mondo, ma ho conosciuto famiglie che hanno deciso di iscrivere i propri figli nelle scuole pubbliche dove lo shock culturale può essere forte e dove i ragazzi svolgono le lezioni nella lingua del posto, la lingua creola. Tuttavia quanto sopra non vuole essere in alcun modo un invito a non espatriare bensì è un invito a farlo con consapevolezza, informandosi, documentandosi e valutando sempre molto bene i pro e i contro che una determinata nazione può offrire. 

Leggendo il racconto di Katia la prima cosa che mi viene da dire è questa: devo assolutamente avere il suo libro (e soprattutto farlo leggere a mio marito)! Seconda cosa: voglio anch'io un'astrocarta personale, sia mai che il fato mi porti alle Seychelles. Tanto all'umidità ci sono già abituata in quanto anche Genova non scherza in certi periodi dell'anno e al fatto di avere l'estate tutto l'anno che dire? Io non soffro di asma! Terza e ultima cosa, voglio assolutamente fare una vacanza a Denis Island! A parte gli scherzi, voglio ringraziare anche una volta Katia per averci dato così tante informazioni e per averci fatto sognare! La mia mente ha volato in alto, grazie di cuore.

Photo by Katia Terreni


Urban Jungle mania

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È scoppiata la mania dell'Urban Jungle nel 2016, ma io ci arrivo solo quest'anno perché ancora dovevo scoprire che il mio pollice nero in realtà non era poi così nero, tutt'altro, piano piano cominciava a tingersi di qualche sfumatura di verde ed ora non posso dire che sia totalmente green ma è decisamente più verde del pollice dello scorso anno. Tutto questo per dirvi che la mania ha colpito anche me, ebbene sì mi è presa "la scimmia" del compro "qualche" piantina per arredare casa. Gigi mi prende in giro e dà l'estrema unzione alle nuove arrivate, io lo fulmino con il mio sguardo laser. 

Lo stile Jungle sta prendendo sempre più piede e in questi mesi le aziende hanno sfornato un sacco di prodotti per stare al passo coi tempi. Questa tendenza è presente nel design d'interni come nel fashion, ma devo essere sincera: non sono ancora pronta a vestirmi con una maglietta (o addirittura un vestito, gulp!), con stampe a foglie di banana. Adoro invece gli ambienti verdi dove il paesaggio si trasforma in un paesaggio tropicale: stampe e disegni floreali, piante nei tessuti e nelle carte da parati, abbinamenti rustici in legno ed eleganti accessori in pieno stile jungle. Ovviamente le piante non possono mancare. Quelle vere intendo! ;)

Come portare la primavera in casa? Coprendo ogni angolo libero di piante verdi possibilmente quelle senza fiori. Via libera a piante come Cycas revoluta, Ficus iyrata, Ficus elastica (comprata da poco e già la amo), Zamioculcas zamiifolia (comprata mesi fa all'Ikea: resistente e bellissima), Filodendro o Monstera, Kenzia e perfette sono le Felci e l'Eucalipto, quello con le foglie più tonde e a forma di cuore. Non può mancare una Soleiroila, l'Adianto e una Sansevieria (comprata anche questa all'Ikea). Via libera a tutte le piante grasse soprattutto a Cactus ed Echeveria. Le piante Photos sono le più resistenti (sono loro che mi hanno fatto capire che potevo farcela e che il mio pollice aveva una qualche sfumatura verde), ma la mia preferita in assoluto (che ahimè devo ancora comprare) è la Pilea che fa tanto nordic style. 


Questa è la mia moodboard d'ispirazione:

1. urban jungle per H&M
2. le immancabili candele profumate di H&M
3. qualche tocco di verde per una tavola perfetta in pieno stile urban jungle
4. le pitture che preferisco in assoluto, quelle di Farrow & Ball
5. adoro il verde petrolio della poltrona in velluto di Anthropologie
6. un libro che devo assolutamente comprare: Urban Jungle. In foto assieme a Botanical Style, ve ne ho parlato (e mostrato) in questo post.
7. il servizio di piatti super colorato e floreale di Anthropologie
8. il cuscino a stampe "esotico" di Maisons du Monde
9. Serax ha realizzato dei vasi a forma di cactus in varie dimensioni, piccola e grande.

Sto cercando di creare degli ambienti in cui si alternano il legno naturale al verde delle piante. Ora ho una fissa in testa e vediamo se riuscirò a realizzarla: mi piacerebbe riempire di piante d'appartamento il mobiletto bianco dietro al divano. Riuscirò nell'impresa? Devo sicuramente far cambiare atteggiamento a Gigi e insegnargli a dare il benvenuto alle nuove piantine piuttosto che a farsi il segno della croce non appena ne vede una. Disgraziato! Ammetto che casa mia come era solo un anno fa, cioè quasi senza piante e senza verde, era parecchio triste. Ora non solo le piante decorano e riempiono una stanza senza esagerare (anche se nell'urban jungle l'esagerazione è ammessa), ma regalano anche pace e armonia. E voi quali piante avete in casa? Le amate come me o preferite il minimalismo anche nel green? 

Photo by Sarah Tognetti

Italiane all'estero: Claudia Camillo

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Ci siamo amici, siamo giunti alla fine della rubrica italiane all'estero. Mi sembra ieri di aver partorito l'idea di intervistare dieci donne che per un motivo o per l'altro hanno deciso di espatriare cercando fortuna all'estero. Ogni donna ci ha raccontato la propria storia e la propria esperienza. C'è chi è partita in coppia (l'80% dei casi) e chi invece è partita sola. C'è chi ha deciso il mare e chi la montagna. In queste dieci settimane ci hanno tenuto compagnia con le loro vicissitudini, vita vera descritta senza condimenti, senza pizzi e merletti. Una vita senz'altro fatta di molto coraggio, il coraggio che accomuna tutte loro e fatta anche di sofferenza perché in queste interviste ho capito che casa manca, manca sempre. Mancano gli affetti, manca il clima dell'Italia, manca quella vita che hanno lasciato da parte per cercarne una nuova e migliore.

Non so cosa mi riserverà il futuro, forse un trasferimento all'estero o forse no, chi lo sa. A volte lo agogno avidamente, altre lo rifuggo. Sicuramente non sono ancora pronta a quel passo, ma quello che provo, che sogno pensandomi in un altro Paese è una sensazione positiva che mi riempe. Leggendo le interviste di queste donne, provo entusiasmo, felicità e voglia di mettermi nei loro panni. Sono un po' triste che questa rubrica finisca, lo dico sinceramente. Tra tutte quelle portate avanti su Shabby Chic Interiors questa è senza ombra di dubbio quella a cui mi sono più affezionata. Proprio per questo motivo e spinta dai vostri feedback, ho deciso che italiane all'estero tornerà il prossimo autunno/inverno con una nuova serie di interviste. Se vi siete persi qualche articolo o vi manca la rubrica per le sensazioni che vi ha regalato, qui c'è il link di tutti i vecchi post. È possibile che non veda già l'ora di ricominciare?

Per chiudere in bellezza, oggi voglio farvi conoscere una ragazza a cui voglio molto bene, un'amica "virtuale" (volutamente virgolettato perché per me la nostra amicizia vale più di un social network) che ho conosciuto tramite Facebook. Claudia Camilloè una fotografa, viene da Palermo ed è una di quelle persone che dovresti incontrare almeno una volta nella vita: dolce, solare, piena di spirito, positiva e senza peli sulla lingua. Io semplicemente la adoro. È esperta in architettura e appassionata di moda. Lavora come freelance per Armani, Berluti, Bvlagri e tanti altri nomi noti. Il suo motto è la condivisione, nella sua autobiografia c'è scritto: il mondo è la mia casa. Sarà per questo che da Palermo si è trasferita a Milano e da Milano si è trasferita ad Amsterdam? Godetevi la sua intervista, noi ci rivediamo con questa rubrica tra qualche mesetto. 

Vivevi a Milano, sei una fotografa affermata eppure hai deciso di trasferirti in Olanda. Come hai maturato questa decisione e perché?
Milano è una città meravigliosa, mi ha dato moltissimo e le sarò sempre grata; dal punto di vista lavorativo ha aperto moltissime strade e mi ha permesso di poter svolgere al meglio la mia professione. Dal punto di vista umano lo stesso. Chi dice che la gente del Nord è fredda non sa fare amicizia e non sa farsi voler bene. Ho conosciuto persone stupende che sono tutt'oggi nella mia vita, ma ad un certo punto ho sentito che mancava un pezzo, che non avevo più stimoli e avevo il bisogno di cambiare aria. 


Come ti sei preparata psicologicamente al trasferimento?
In realtà, ti sembrerà strano, non lo vivo neanche come un trasferimento. Già da due anni facevo avanti e indietro con Amsterdam per alcuni clienti. Mi è sempre piaciuta ed ho sempre pensato che soprattutto per il mio lavoro potesse essere un'altra base operativa molto valida. Mi sono preparata con lo spirito di sempre ovvero l'avventura. Mi conosci bene, sono una che si butta sempre nelle cose con molta allegria ed anche incoscienza. 

Come mai hai optato proprio per Amsterdam?
È una città stimolante, ma più di tutto, quello che mi ha spinto è che qui se fai un lavoro creativo non vieni visto come un pazzo come accade in Italia! Grafici, designers, artisti, fotografi, qui sono adorati. Chi è libero ha per loro una marcia in più e questo rende tutto molto meno faticoso che nel nostro Paese.

So che il tuo trasferimento è fresco fresco, immagino avrai dovuto compilare/richiedere tanti documenti, è stato semplice o dobbiamo immaginare le lunghe trafile e code d'attesa che ci sono in Italia?
È tutto molto semplice e hai anche moltissimo aiuto. Non c'è stato giorno in cui mi sia sentita abbandonata o non accolta. Ci sono tanti uffici dedicati agli expat pieni di persone gentilissime pronte ad aiutarti. Per quanto riguarda i documenti, quello che serve è un certificato internazionale di nascita e un passaporto. Con questi richiedi il BSN (burgerservicenummer), cioè l'equivalente del nostro codice fiscale. È un numero identificativo che ti consente di compiere i primi passi, ovvero aprire un conto in banca, affittare una casa e avere un'assicurazione medica (che qui è a pagamento). Senza questo numero praticamente non esisti. 

Qual è stata la tua prima impressione tra burocrazia italiana e burocrazia olandese?
In Italia al solo pensiero di entrare in un ufficio cominci a sudare e a stare male e il più delle volte non ottieni nulla. 

Cosa significa per te essere italiani in Olanda? Come veniamo visti?
Beh loro sono sempre molto cordiali ma temo che la triste nomea degli italiani che non hanno voglia di impegnarsi e che sono lavativi, stenti ad andare via. Qui purtroppo moltissimi ragazzi si trasferiscono attratti dalla facilità con la quale puoi fare uso di droga: trovano un lavoretto come camerieri (che è una professione molto ben pagata tra l'altro) e restano con lo stesso lavoro per anni. Per carità ci sono anche tantissimi italiani che come me sono venuti qui come professionisti e che sono super stimati, ma di fondo c'è sempre l'idea che l'italiano sia "pizza, mare, sole, trallalero e trallalà".


Amsterdam è una città colorata: incontri persone provenienti da ogni parte del mondo. Immagino avrà una grande comunità italiana, è così?
Devo essere onesta e la cosa non mi farà molto onore: io rifuggo la comunità italiana. Un po' per il motivo sopra, un po' perché per me vivere all'estero vuol dire conoscere anche gente diversa. I gruppi su Facebook di italiani ad Amsterdam sono una noia mortale, la gente nei bar o nei luoghi di ritrovo per italiani è piena di persone che sono qui per le canne, insomma sono ancora nella fase "sto con gente di altri paesi". Magari tra un po' mi verrà voglia di fare "casa" e cercherò compaesani. C'è la sede per la Cultura Italiana proprio dietro casa mia e lì fanno sempre roba molto interessante. Nei prossimi mesi cercherò senz'altro di partecipare a qualche loro iniziativa.

Pensi che sia una città aperta a tutti? Intendo una città che può offrire una qualità di vita migliore sia per famiglie che per single?
Assolutamente sì. Senza se, senza ma e senza nessun dubbio. Qualità di vita eccelsa, una roba che noi italiani ci sogniamo la notte. E poi c'è un grandissimo rispetto per tutta la comunità gay. È bellissimo vedere coppie di donne o di uomini camminare mano nella mano con i loro bambini. Una grandissima civiltà.

Che tipo di rapporto hanno gli olandesi con il lavoro?
Bellissimo! Rifuggono lo stress e ne hanno terrore per cui al minimo accenno prendono dei giorni di ferie o lavorano da casa. Un giorno alla settimana, che sia il mercoledì o il venerdì, lo hanno libero e questo è un grandissimo vantaggio. Le ore di lavoro sono flessibili: al mattino puoi entrare dalle 8:30 fino alle 10:00 ed uscire dalle 17:00 alle 18:30. Puoi gestire il tuo tempo come vuoi. Quello che mi piace è che dandoti libertà ti responsabilizzano: hai da fare il tuo lavoro e da consegnarlo nei tempi stabiliti, ma sei padrone delle tue ore senza nessuno che ti vessi. Qui è come se tutti fossero allo stesso livello. Un boss non è mai veramente un boss, è una persona con la quale fai squadra e ti confronti. Quello che mi lascia sempre stupita quando guardo dentro gli uffici sono le grandissime tavolate sempre piene di roba da mangiare, tè, caffè, fiori; è come se gli uffici fossero delle case accoglienti dove passare la tua giornata insieme ai colleghi. Lo trovo meraviglioso ed anche molto civile. Se sei libero sei più responsabile. In Italia si tende a fottere sia il sistema che i colleghi. 

Pensi che un lavoro creativo sia concepito alla stessa maniera in Olanda che in Italia?
No assolutamente, l'ho già detto prima. Qui più sei creativo più sei stimato. L'esatto contrario che da noi. È una cosa incredibile per chi arriva da un sistema come il nostro, quasi fai fatica a concepire che essere libero professionista o creativo sia una cosa fighissima. Ti fa salire l'autostima a mille.

Se ti chiedessi di descrivere con tre parole positive e tre parole negative (se ce ne sono ovviamente) la tua vita in Olanda, quali sceglieresti?
Accoglienza, calore e allegria. Di negativo per ora mi viene in mente solo il freddo, ma sono una donna siciliana quindi non faccio testo. Per me si sta bene solo con 35 gradi! :)

Un grazie di cuore a Claudia per questa bella intervista e grazie infinite a tutte le donne che hanno partecipato a questa rubrica: Ilaria, Federica, Cinzia, Camilla... solo per citarne alcune. È stato un piacere leggervi, conoscervi, scoprirvi ed entrare nel vostro mondo anche solo per un pochino. Auguri a tutte voi, che i vostri sogni si realizzino! 

Photo by Claudia Camillo

Vacanza a Londra

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Ebbene sì sono a Londra! La Tognetti è andata finalmente in ferie, ma se mi seguite sulla pagina Facebook e su Instagram già lo sapevate. Lo scorso anno in seguito ad un'ernia cervicale sono saltate le nostre canoniche ferie estive e siccome erano quasi due anni che non staccavamo (eravamo un po' fusi, io più di tutti!), abbiamo deciso di regalarci un viaggetto: festeggiare il mio compleanno in una città nuova, stare insieme alla mia famiglia e al mio fratellino e soprattutto far scoprire alle bimbe una città così viva come lo è la capitale del Regno Unito. Loro erano eccitatissime alla partenza, Bea addirittura piangeva dall'emozione!

La prima e l'ultima volta che sono stata a Londra era il 2007, Mathilde doveva ancora nascere e Beatrice era troppo piccina per ricordarsi quel viaggio. Quel viaggio troppo corto e troppo veloce non mi soddisfò a pieno: tante cose ancora da vedere, da scoprire, tante strade ancora da camminare. Spero che questa settimana passi più lentamente possibile. Ci andrò con uno spirito diverso e sono sicura che vederla sotto gli occhi delle mie bimbe sarà un'altra piacevole scoperta. Respireremo aria britannica per una settimana intera e non ho voluto fare troppi programmi anche se alcune tappe che non voglio assolutamente perdermi le ho segnate in agenda.


Mio fratello David mi ha promesso che ci avrebbe portato in qualche bel localino (magari prendiamo spunto!) e si è reso disponibile da farci da Cicerone. Io voglio assolutamente andare da Anthropologie, da Cabbages & Roses, da Liberty (anche solo per rivedere lo splendido edificio) e al  famoso mercatino di Portobello Road. Sono partita con le valigie leggere in modo da riempirle con gli acquisti che farò in UK. Brexit o non brexit penso che Londra sia una città davvero bella dove vivere. Sì è vero il clima è quel che è, ma quando stai bene, quando ti sento appagato e capisci che in quel posto i tuoi figli possono avere un futuro, beh non c'è clima che tenga. 

Con queste bellissime foto di Jessica Lemaitre vi mando un abbraccio da Londra! Continuate a seguirmi su Instagram e Facebook per vivere con me un po' di vacanza. Se conoscete qualche angolo segreto o dei posticini assolutamente da non perdere lasciatemi un commento al post, lo leggerò molto volentieri. A prestissimo! :)

Photo by Jessica Lemaitre

Vacanze a Londra

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Come sono state le nostre vacanze a Londra? Innanzi tutto non le chiamerei proprio vacanze. Abbiamo macinato talmente tanti chilometri che ci sono state certe sere che ho creduto di non avere più le gambe! Le bimbe sono state fenomenali, Mathilde (che era quella che mi preoccupava maggiormente) è stata favolosa: mai una volta l'ho sentita lamentarsi. A dirla tutta, sono stata più io "lamentosa" di lei. Eh la vecchiaia. D'altronde sono partita con un anno di più, ho la scusante! ;)

Siamo partiti per Londra proprio il giorno del mio compleanno e questo viaggio è stato il regalo più bello di sempre. L'appartamentino che avevo trovato su Booking era delizioso. Si trova a 2 minuti dalla stazione metropolitana di Clapham South, comodissimo a due grandi supermercati e ristrutturato da poco. Non so però se lo consiglierei. La finestra della camera da letto affaccia su un attraversamento pedonale (l'appartamento è al primo piano quindi sono davvero pochi metri di distanza) e ogni volta che scattava il semaforo verde per i pedoni, questo fischiava per 10 secondi e immaginatevi di notte che figata era sentire questo fischio acuto! Inoltre la strada su cui affaccia l'appartamento è una strada parecchio trafficata e dalla mattina presto si cominciava a sentire un casino infernale. Per noi che siamo abituati a dormire nel silenzio più totale è stato un po' uno shock! Ma se voi quando dormite non sentite nemmeno le cannonate, allora non c'è di che preoccuparsi.

Tra l'altro non ho potuto non notare una "piccola" differenza. Sapete che il primo fine settimana di aprile siamo stati due giorni a Torino e abbiamo pernottato in una mansardina davvero molto carina. Ecco, questa mansardina era attrezzata di tutto. Oltre alle cose ovvie come biancheria per il letto e asciugamani c'erano detersivo per i piatti, guanti, spugnette, olio, sale, caffè e carta igienica a gogo. Nell'appartamento di Londra c'erano gli asciugamani, la biancheria per i letti, le stoviglie, tre capsule per la lavastoviglie e tre rotoli di carta igienica (ho prenotato 8 giorni, ti ho lasciato più di 1.200 euro e mi lasci con tre rotoli di carta igienica?). Non so, magari sono io che non sono abituata a viaggiare e questa è la norma, ma mi sarei aspettata una "coccola" in più. Esperti viaggiatori fatemi sapere cosa ne pensate che sono curiosa.

A parte queste sciocchezze, la settimana è filata liscia come l'olio. Assieme a mio fratello, che abita lì ormai da otto anni, siamo riusciti a fare un sacco di giretti e le bimbe non vedono già l'ora di ritornarci. Veramente Bea ha provato a salutarci come per dire: "Mi lasciate qui vero? Solo voi tornate a casa giusto?". La spiritosina! Sabato pomeriggio ormai stremati dalla settimana passata a camminare su e giù per le strade di Londra, abbiamo deciso di riposarci godendoci due raggi di sole, nel parco vicino casa: Clapham Common. L'erbetta morbida, il laghetto con le anatre e i cigni, il frisbee, le coccole, le capriole sui prati, è stato un pomeriggio indimenticabile. Mentre le bimbe giocavano e Gigi sonnecchiava accanto a me, ho giocato un po' con il cellulare e ho montato un breve video della giornata.  


Comunque in questa settimana ho capito diverse cose e vorrei rendervi partecipi di questa illuminazione divina che mi ha toccata! Ecco la mia lista:

  • A Londra possono esserci tutte e quattro le stagioni in una sola giornata. Martedì ad esempio ci siamo alzati con il sole ma c'era un freddo becco, nel primo pomeriggio è nevicato (e c'era sempre il sole, cosa davvero inspiegabile), subito dopo ha piovuto e a metà pomeriggio di nuovo un bel sole tiepido che ti scaldava le ossa.
  • Ho capito che non posso vivere senza bidet. Ma come cappero fanno gli stranieri a vivere senza? Sì ok si faranno la doccia, ma anch'io mi faccio la doccia e nonostante questo mi faccio un sacco di bidet. Insomma viva il bidet, se mai mi trasferirò a Londra vorrà dire che me ne porterò dietro due dall'Italia!
  • L'educazione, il rispetto e la civiltà sono comportamenti innati. Ovvio che generalizzare è sempre una cavolata, ma in una sola settimana ho potuto constatare quanto questo sia vero. Nel viaggio di andata mia mamma ha viaggiato con due grandi valigie (una con le sue cose e l'altra piena di cibo per mio fratello, tra l'altro pesantissima) e diversi inglesi la hanno aiutata portandole il bagaglio. Un ragazzo che avrà avuto trent'anni si è alzato dal suo posto sulla metro per far sedere Beatrice (cosa mai vista in Italia). Le file sono file, non sono mucchi di persone sparpagliate a destra e a manca.
  • Appena esce un po' di sole, che sia aprile, giugno, ottobre o novembre, per il londinese equivale a dire estate. Eravamo non mi ricordo in quale parco, al sole, con la giacca abbottonata e i londinesi se ne stavano stravaccati all'ombra in canottiera e a bere birra ghiacciata. C'è stata una qualche mutazione genetica di cui non sono stata avvisata?
  • A proposito di mutazione genetica, com'è che in Inghilterra fa un freddo becco e c'è nuvoloso trecento giorni l'anno eppure le ortensie sono già fiorite (e che ortensie) e ci sono dei fiori splendidi che qua ciao! Avete capito no? ;) 
  • Parlando sempre di birra, sembrerebbe essere la bevanda nazionale (altro che Baviera)! Dal sabato mattina fino alla domenica sera, si incontra solamente gente felice: sorriso sul viso e birra in mano. 
  • Mi è sembrato di capire che a Londra ci sia la maggiore concentrazione di figaggine in assoluto. Giuro non ho mai visto così tanti bei ragazzi in vita mia tutti assieme. Solo per questo verrebbe voglia di trasferircisi. 
  • I bei ragazzi (beh anche quelli meno belli effettivamente) fanno tutti sport. La corsa parrebbe lo sport in voga. Dalla mattina alla sera si possono contare davvero tanti corridori sparsi in ogni angolo. Con le mie bimbe facevamo il gioco di chi ne avvistava di più!
  • Hai fame alle undici di mattina? A mezzogiorno? Alle tre o alle cinque del pomeriggio? Non c'è problema, a Londra puoi mangiare quello che vuoi all'ora che vuoi. 
La lista non sarebbe finita qui, ma non voglio assillarvi con il mio amore viscerale che è nato per questa città. Sarà che è stata una vacanza splendida, sarà che mi sono goduta mio fratello come non facevo da tempo. Abbiamo visto la casetta in cui vive (a proposito la foto della cucina qui sotto a destra è la sua) e dove lavora. Il giorno dopo il nostro arrivo, siamo stati a pranzo proprio nel ristorante in cui lavora, The River Cafe, a festeggiare il mio compleanno. Ci ha fatto conoscere tutti i suoi colleghi e orgoglioso ci ha mostrato la cucina e l'intero ristorante come se fosse proprio suo. È stato emozionate e  meraviglioso allo stesso tempo. Sono così felice per lui e serena saperlo inserito in quella grande famiglia.

Inoltre abbiamo potuto parlare del nostro grande progetto e ho avuto la sensazione che il nostro sogno potesse essere davvero reale, tangibile e non solo un'idea campata in cielo. Come ha detto mio fratello: "Ora il nostro non è più un sogno tra le stelle, adesso è sulle nuvole e se vogliamo possiamo toccarlo".

Photo by Sarah Tognetti

Appartamento di stile a Londra

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Quando voglio farmi male potrei vincere il primo premio perché sono bravissima in questo. È un po' come quando noi ragazze (passatemi il termine su!) ci sentiamo tristi, depresse e con la tremenda voglia di piangere e cosa facciamo? Ascoltiamo musica da "tagliamoci le vene ti prego, adesso, subito". Sono tornata da poco più di una settimana da Londra e sto male perché vorrei ripartire già domani, vorrei trovare un posticino nel verde dove cercare casa, la scuola per le bimbe e cosa faccio? Mi metto a guardare immobili in vendita, in affitto o anche solo case disponibili per riprese cinematografiche. Cosa vuol dire? Che sono case talmente belle, ma talmente belle che un regista potrebbe decidere di girare proprio lì il suo film.

Il sito incriminato è da suicidio. Io vi lascio il link però non ditemi che non vi ho avvisato. Facciano attenzione i deboli di cuore o gli eterni sognatori perché potrebbero lasciarci le penne. Light Locations è un'agenzia di photo location che fornisce splendide case/appartamenti/dimore/cottage/loft all'industria cinematografica. È stata fondata nel 2001 da Sophie Hitchens la quale lavorò per molti anni nell'industria fotografica acquisendo conoscenze preziose per fondare e lanciare Light Locations. Offre le più eleganti e le migliori abitazioni al mondo cinematografico e a noi non ci resta che sbavare su quelle immagini. 

Io ad esempio ho perso la testa per questa casetta che si trova vicino a Londra. Prendetevi dieci minuti di tempo libero per assaporare il post di oggi perché merita. Questa casa piace agli amanti dello stile shabby, ma piace anche agli amanti dello stile nordico (a mio avviso, nei colori ricorda le tipiche case olandesi) con un tocco di contemporaneo che non guasta mai. Io semplicemente me ne sono innamorata! Il bianco totale è intervallato da colori accesi sparsi un po' in tutta la casa: i cuscini sopra al divano, le sedie, la panca attorno al tavolo, il tappeto in salotto, la parete azzurra Tiffany (che in realtà cambia spesso colore), la carta da parati nella sala da pranzo, le tele colorate nella camera padronale...

Mentre guardo queste foto riesco a immaginare la mia nuova casa (no non c'è niente in programma per ora, sto solo sognando). Senz'altro così fresca e ariosa come questa mi piacerebbe parecchio. Mi piacciono gli spazi, sono armoniosi e funzionali. Mi piacciono le tazze e le stoviglie colorate sulla vecchia scaffalatura in cucina e mi piacciono le grandi vetrate da cui entra una luce bianca pazzesca. Eh la famosa luce del Nord! L'unica cosa che non riesco a digerire è quella parete in sala da pranzo rivestita di pannelli dorati. Un po'"troppo" per i miei gusti. Per il resto potrei andarci ad abitare seduta stante. Possiede anche un bellissimo giardino, cosa voglio di più? ;) 

P.S. Vi lascio il link a questo rustico ancora da ristrutturare. Ditemi la verità, anche voi come me nella vostra testa avete già messo le tendine alle finestre? Io so già dove posizionare cucina, divano e camera da letto, voi no?


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